La condizione di fragilità è la nostra, è quella dell’uomo. Siamo pronti a dimenticarla perché ci interpella e ci inquieta, ma è quella in cui ognuno di noi si può trovare. La società muta con velocità e non possiamo, anche se viviamo in una Regione che ha i migliori servizi di welfare d’Italia e una delle più alte dotazioni di capitale sociale, rischiare di “svegliarci” con brutte sorprese.
I nostri servizi sociali si sono dedicati, per decenni, a chi si trovava ai margini. Oggi il numero di queste situazioni di difficoltà è in aumento: bussa alla porta chi ha perso il lavoro, chi si trova in forti problemi economici e, fenomeno spesso correlato, aumentano le fragilità psicologiche. È necessario assumere orientamenti nuovi. Ce lo chiede d’altronde la stessa Costituzione, all’articolo 3: “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. “Rimuovere” è un verbo forte, suona, per me, come un imperativo categorico. È questa la ragione che mi ha spinta ad intraprendere un importante lavoro di condivisione sul territorio, da approfondire in assemblea legislativa, per una nuova legge regionale su inclusione sociale e lavoro.