La mia intervista sul tema del “fine vita”

Ecco la mia intervista completa sul “fine vita” in Emilia-Romagna pubblicato sulla Gazzetta di Reggio del 19 febbraio 2024.

Presidente Soncini, la proposta di legge “Coscioni” sul suicidio assistito è stata assegnata alla sua Commissione, lei fino ad ora non si è ancora espressa…

Tra le istituzioni e i cittadini ci sono i partiti che devono riempire spazi di riflessione partendo dall’ascolto delle persone e dallo studio della materia. La politica ora si sta esprimendo su un tema complesso e delicato, che tocca la coscienza di ciascuno, con posizioni diverse. Ritengo fuorviante ridurre tutto ad una contrapposizione tra laici e cattolici, tra destra e sinistra, tra fautori della vita o della morte.

La proposta in Regione quando si discuterà?

Come Presidente di Commissione svolgo un ruolo di garanzia, i tempi di calendarizzazione saranno oggetto di un confronto fra le forze politiche. L’ordine con cui vengono affrontati gli argomenti viene concordato insieme.

Lei ritiene che la maggioranza delle persone sia a favore o contro il suicidio assistito?

Penso che le persone chiedano, prima di tutto, di non essere lasciate sole in un momento di disperazione e di non soffrire. Se dovesse capitare a me una prognosi infausta di malattia, chiederei cure palliative e sedazione profonda continua: non sono per l’accanimento terapeutico.

A Reggio le cure palliative sono garantite?

Partiamo dai dati. Le persone in carico alla Rete Locale delle Cure Palliative (RLCP) dell’AUSL di Reggio sono state circa 2.000 nel 2022, parliamo di assistenza domiciliare, due hospice, unità di cura palliative ospedaliera e ambulatori. Il 68% delle persone decedute a causa di patologie oncologiche sono state assistite dalla RLCP. Le cure palliative sono uno strumento fondamentale che non solo si prende cura della persona nei suoi bisogni fisici, psicosociali e spirituali, ma anche dei familiari spesso molto provati. Inoltre, è possibile rispettare le scelte dei pazienti grazie alle Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT).

Stiamo parlando della volontà delle persone di poter scegliere e rifiutare, ad esempio, quello che è l’accanimento terapeutico.

Penso sia doveroso fare un approfondimento su un potenziamento della legge 219/2017 che consente le DAT, ovvero di mettere su carta le volontà in merito ai trattamenti sanitari alla fine della vita, il luogo di cura, le preferenze assistenziali, la cura spirituale, la nomina di un fiduciario. Oggi è già possibile anche una sospensione di alcune procedure, se non ritenute adeguate alla personale idea di dignità della vita, e il divieto ad una ostinazione irragionevole nelle cure. Per chi ha una diagnosi infausta di malattia, la stessa legge prevede la pianificazione condivisa delle cure e una condivisione delle scelte terapeutiche.

La sentenza della Corte costituzionale dice chiaramente che a determinate condizioni non viene considerato reato l’aiuto al suicidio assistito.

Il suicidio medicalmente assistito è una scelta estrema e irreparabile. Lo dico da persona che crede nella laicità delle istituzioni: qui si riconosce all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire. Il suicidio assistito diventa una liberazione per porre fine alle sofferenze. Temo la cultura del dominio e del controllo di tutto, che porta alla pretesa di morire quando si vuole e infrange il senso del limite. È un discorso etico e di umanesimo. Ricordo che dove vengono praticate le cure palliative la richiesta di suicidio assistito è circa 10 volte inferiore, secondo uno studio dell’Università di Padova e dell’Ateneo di Bologna. Sensibilizzare e promuovere la cultura dell’aver cura che si respira in tante strutture del nostro territorio significa infondere la speranza in un mondo che valorizza la dignità della persona.

Cosa pensa della proposta di legge “Coscioni”?

A mio avviso, e qui parlo come Consigliera regionale, in uno Stato di diritto la cornice giusta è quella di una legge nazionale. Il Parlamento ha già legiferato sul fine vita con la buona legge sulle DAT, ma visto che la Corte costituzionale l’ha ritenuta insufficiente a seguito della vicenda dj Fabo, per la delicatezza del valore in gioco occorre una disciplina ampia e compiuta a livello nazionale. Non ci possono essere trattamenti diversi, da regione a regione, su principi fondamentali come il fine vita. Serve un approccio uniforme nel rispetto della nostra Costituzione che all’art. 2 parla dei diritti inviolabili dell’uomo. Una legge che deve contemplare sempre anche l’obiezione di coscienza del singolo curante. Nutro perplessità sulla proposta di legge sul suicidio assistito depositata in Regione, che peraltro è diversa dal testo di sintesi trovato fra i parlamentari PD a livello nazionale dopo ampio confronto.

La Regione ha rotto gli indugi e ha proceduto con una delibera di Giunta.

La Giunta ha applicato la sentenza della Corte costituzionale. Spero che non serva a nessuno perché anche solo una persona che chiedesse di essere aiutata a suicidarsi per una solitudine, o per una mancanza di terapia per alleviare il dolore fisico e psichico, sarebbe una sconfitta per tutti noi. Le nostre comunità non devono avere paura di fare i conti con la morte. Devono fare di tutto perché la disperazione e l’angoscia non prendano il sopravvento.

La Regione Emilia-Romagna autorizzerà l’unità operativa complessa di Ematologia dell’IRCSS – Ausl di Reggio Emilia all’utilizzo delle terapie avanzate CAR T

“Oggi posso darvi una grande notizia per Reggio Emilia: la Regione Emilia-Romagna autorizzerà  l’unità operativa complessa di Ematologia dell’IRCSS- Ausl di Reggio Emilia all’utilizzo delle terapie avanzate CAR T”. A dare l’annuncio è l’assessore regionale alla sanità Raffaele Donini, impegnato oggi a Reggio Emilia  per alcune iniziative che anticipa il contenuto di una delibera che sarà approvata in Giunta lunedì prossimo, 12 febbraio.

“Le CAR-T – afferma l’assessore Donini – sono la nuova frontiera per il trattamento delle leucemie e si basano sui linfociti T, un particolare tipo di globuli bianchi. Tali cellule, normalmente responsabili della difesa dell’organismo, vengono estratte dal paziente, addestrate in laboratorio a combattere le cellule cancerogene, riattivate e, quindi, reinfuse per rispristinare l’immunità del paziente. Sono l’ultima frontiera sperimentale per la lotta al cancro, in particolare ai tumori non solidi. L’Ematologia reggiana diretta dal dott. Francesco Merli collaborerà in futuro con l’Ematologia di Modena diretta dal prof. Luppi”.

“Questa autorizzazione – commentano con soddisfazione l’Assessore Alessio Mammi e le consigliere regionali reggiane Stefania Bondavalli e Ottavia Soncini – è il riconoscimento della professionalità, della competenza e delle infrastrutture della sanità pubblica di Reggio Emilia. Ringraziamo in particolare il Dott. Merli con cui abbiamo interloquito in questi mesi.” “Si tratta di un’altra certificazione della qualità della rete oncologica ed emato-oncologica dell’Emilia-Romagna. – proseguono l’Assessore e le consigliere regionali – Un passaggio molto importante e per diversi aspetti innovatore: siamo di fronte a una potenzialità che mette al centro il bene della persona ammalata che non ha altra possibilità di cura. Ci siamo perciò fatti carico di questa importante iniziativa”.

“Le dichiarazioni dell’assessore Donini relativamente alla decisione della Regione di identificare l’Ematologia di Reggio Emilia come centro autorizzato ad erogare la terapia CAR-T sono motivo di grande soddisfazione – afferma il Dott. Merli, direttore di ematologia – soprattutto pensando ai pazienti reggiani che potranno giovarsi di questo tipo di trattamento  senza dover migrare in altra sede. Si tratta di una terapia innovativa che, sfruttando i linfociti stessi del paziente, opportunamente modificati in laboratorio, consente di trattare con efficacia una quota significativa di pazienti, principalmente con linfoma, che non avrebbero altre opportunità di cura. Tale riconoscimento da parte della Regione è il motore di un percorso che da un lato vedrà l’Ematologia di Reggio incrementare i suoi posti letto, con l’inaugurazione ufficiale prevista il 1° marzo e dall’altro contribuisce alla rete onco-ematologica regionale che ci vedrà collaborare in maniera strutturale con l’Ematologia di Modena proprio nell’ambito delle terapie innovative”.

Amico, Bondavalli, Costa, Mori, Soncini: “Il Governo smantella la sanità pubblica. Per il diritto alla salute di tutti i cittadini, daremo battaglia. La Regione Emilia-Romagna è in prima linea”

La Fondazione Gimbe, il più autorevole ente in Italia di monitoraggio sulla sanità, oggi certifica come il Governo Meloni stia togliendo risorse al nostro sistema sanitario pubblico. Con la nota di aggiornamento al Def, il Governo dichiara ufficialmente guerra alla sanità pubblica con un taglio previsto per l’anno prossimo di 1,8 miliardi sui trasferimenti alle regioni. Sono le risorse che servono alla Regione e alle Aziende Sanitarie per far funzionare i servizi sui territori.
È evidente come il centro destra al Governo voglia impoverire e smantellare un sistema nazionale per poi prendere la strada della privatizzazione, discriminando di fatto i malati tra chi può permettersi le cure e chi no. Quella su una sanità pubblica più forte è la battaglia più importante che dobbiamo combattere in questo momento, perché ci riguarda tutti e perché in gioco c’è il diritto alla salute delle persone.
La Regione Emilia-Romagna, con sempre più Regioni al suo fianco, di tutti i colori politici, è in prima linea. La legge che stiamo discutendo in Commissione Sanità e che approveremo in Assemblea Legislativa finirà direttamente all’attenzione delle Camere del Parlamento. In audizione i rappresentanti dei sindacati, delle imprese, dei professionisti della sanità hanno tutti riconosciuto il grave momento che stiamo affrontando e condiviso la necessità di investimenti maggiori. Abbiamo un patrimonio preziosissimo, come ha affermato anche il Presidente Mattarella parlando per tutti gli italiani: la sanità pubblica e universale. Per rispondere ai bisogni – e al diritto – di salute dei cittadini, non possiamo accettare più tagli. Il rapporto finanziamento sanitario/Pil deve crescere almeno fino al 7,5% e servono già da quest’anno almeno 4 miliardi aggiuntivi per il Fondo nazionale inoltre bisogna abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario. Queste sono le nostre proposte: possono tutte essere attuate, purché ce ne sia la volontà politica.

I Consiglieri regionali dell’Emilia-Romagna
Federico Amico
Stefania Bondavalli
Andrea Costa
Roberta Mori
Ottavia Soncini

Fondi PNRR e sanità, l’allarme del Pd in Emilia-Romagna, Soncini (Presidente Commissione IV Salute): “Ritardi pesanti nell’attuazione della missione 6, case e ospedali di comunità a rischio”. Malavasi (Deputata Pd, componente commissione affari sociali): “Basta con le ambiguità del Governo, serve chiarezza”

Due atti: uno presentato in consiglio regionale dalla consigliera Ottavia Soncini e uno in Parlamento dalla deputata Ilenia Malavasi per chiedere al Governo come mai non crede nella sanità di prossimità e del territorio.

“Vorremmo finalmente una parola di chiarezza da parte del governo: sono in grado di realizzare tutte le case di comunità e gli ospedali di comunità? Ma, soprattutto, sono intenzionati a farli oppure non credono più nel progetto? Nell’ultima relazione al Parlamento sullo stato di attuazione del PNRR non c’è una riga sulle 1350 case di comunità da realizzare”. Così la deputata dem, Ilenia Malavasi, componente della commissione Affari Sociali che ha presentato una interrogazione per sapere quali eventuali interventi normativi correttivi si vogliano attuare per recuperare i ritardi accumulati e quali sono le progettazioni che rischiano di saltare e su quali territori ricadranno. “Il governo non può continuare con le ambiguità – afferma Malavasi – deve delle risposte al Paese”.

I fondi PNRR dovevano servire per attuare una rivoluzione in Italia per la presa in carico dei pazienti. In ospedale sarebbero dovuti andare solo i casi più gravi, mentre per gli altri, la soluzione da favorire avrebbero dovuto essere centri e ambulatori sul territorio, visite al domicilio e la telemedicina.

“Sanità territoriale e di prossimità, era questa la direzione generale verso cui in Emilia-Romagna ci stiamo muovendo già da anni attraverso anche quella infrastruttura sociale importante costituita dalle case di comunità sulle quali il PD e i suoi sindaci hanno sempre creduto. A disposizione complessivamente 7,5 miliardi di euro da investire entro il 2026. Ma il progetto avanza a rilento e sembra difficile arrivare entro i tempi previsti all’obiettivo. – spiega la consigliera regionale Pd e presidente della Commissione Sanità in Emilia-Romagna Ottavia Soncini – Il PNRR prevede infatti l’attivazione di oltre 1.350 Case della Comunità e oltre 400 Ospedali di Comunità entro la metà del 2026 in tutta Italia, ma molte strutture potrebbero non essere pronte entro il 2026 e per questo motivo il governo starebbe pensando di ridurre il numero di quelle da finanziare con gli stanziamenti europei. In più, resta il tema dei fondi del Sistema Sanitario Nazionale inadeguati al reclutamento dei professionisti e degli operatori sanitari necessari al loro funzionamento”.

La Regione Emilia-Romagna, che ad oggi conta 128 case della salute su un totale nazionale di 500, con le risorse PNRR della missione 6 aveva programmato la realizzazione di 84 nuove case della salute (per 124,6 milioni di euro), 45 Centrali operative territoriali (15,3 milioni) con la funzione di coordinamento della presa in carico del paziente e di raccordo tra i professionisti coinvolti, 27 ospedali di comunità (68 milioni) oltre a interventi per apparecchiature, tecnologia e adeguamento sismico per circa 145 milioni.

“Questa situazione ci allarma perché il Governo, senza il confronto con il Parlamento, con le Regioni e con gli enti locali interessati, sembrerebbe orientato a tagliare una parte significativa delle case e degli ospedali di comunità, senza svolgere il proprio ruolo di risolutore dei problemi di attuazione della Missione 6 del PNRR. Inoltre, il Governo non ha ancora indicato dove reperire le risorse necessarie per la gestione e il funzionamento della rete, a partire da quelle per il personale medico, infermieristico e tecnico-amministrativo, come previsto dal DM 77/22 che definisce gli standard per la gestione del nuovo modello di sanità territoriale” prosegue Soncini.

“Ma se non si fanno Osco, Case di comunità e Cot come pensano di poter realizzare la riorganizzazione della medicina del territorio, che è uno degli obiettivi strategici del PNRR e che si fonda sul principio della prossimità?” incalza la dem Malavasi.

“Confidiamo che la volontà di depotenziare un sistema sanitario pubblico e universalistico a favore di un modello privatistico, possa essere smentita con proposte concrete ed operative da parte del governo e come consigliere e consiglieri Pd in Emilia-Romagna ribadiamo la necessità di indirizzare risorse non solo per le strutture, ma anche per il personale, al potenziamento dell’assistenza sanitaria territoriale, più vicina e diffusa per garantire un servizio d’eccellenza a tutte e tutti i cittadini” conclude Soncini, annunciando il deposito di una risoluzione a riguardo in Regione.

“La salute – concludono le due esponenti Pd – è un bene comunitario: o c’è una assunzione comunitaria, una responsabilizzazione comunitaria che passa anche attraverso le case di comunità, gli infermieri di comunità, gli ospedali di comunità, le relazioni sociali o se no il bisogno di salute troverà sempre meno risposte visto il sotto finanziamento del Fondo sanitario nazionale e la mancanza di medici e infermieri”.

Sanità, riforma dei pronto soccorso: “Stiamo evitando di privatizzarli”

La riforma del sistema di emergenza e urgenza è il prossimo passo della sanità in Emilia-Romagna. Una riforma necessaria per evitare la privatizzazione dei pronto soccorso o la loro desertificazione, costruita con chi lavora ogni giorno tra i corridoi degli ospedali e negli ambulatori, pensando ad accorciare le distanze e i tempi tra cittadini e cura.
Fornire cura e assistenza a un paziente in emergenza, che chiede un percorso giusto, che ha bisogno del giusto mezzo di soccorso, di essere portato nel giusto ospedale, di avere il giusto trattamento e collocazione definitiva è un tema tanto complesso quanto delicato. Che nasce da più esigenze.
Da un lato quella fondamentale di diminuire i tempi di attesa e rispondere in modo più preciso alla richiesta di cure.
Dall’altro lato l’analisi dei dati attuali di accesso. Nel 2022 sono stati registrati 1.750.000 accessi al pronto soccorso in Emilia-Romagna. Di questi, l’80% in appena 20 strutture, tendenzialmente i Pronto Soccorso degli ospedali più grandi delle principali città, e circa il 66% in codice bianco o verde. Al netto della gravità della situazione di chi accede – solo un 3% del totale porta a un ricovero – chiunque si rivolge alla rete dell’emergenza e urgenza, presenta un bisogno che chiede la giusta attenzione e chiede di essere preso in carico nel minor tempo possibile da una struttura più adeguata possibile.
Infine, c’è il nodo delle professionalità, che per ragioni di formazione e di reclutamento del personale, tende a ridursi sempre di più e non potrà crescere nel breve periodo. I medici dei Pronto Soccorso sono già troppo pochi e nei prossimi 2 anni ne perderemo un altro 25%, senza contare le dimissioni inattese. Non è quindi un problema economico quello che ci spinge ad affrontare questo cambiamento, bensì legato alla difficoltà di reperire personale.
Non si può stare fermi davanti a questo scenario e l’Emilia-Romagna sarà la prima a realizzare la sua riforma che anche il Ministero della Salute sta valutando attentamente.
Sarà un passaggio graduale, facile da metabolizzare. Il cittadino non “subirà” il cambiamento ma sarà accompagnato in modo semplice ed efficace dai servizi. La persona che ha un bisogno di cure immediate chiamerà un numero di telefono (la procedura più semplice, evitando il pellegrinaggio verso ambulatori e strutture) e in base alle indicazioni sulla sua salute o necessità, sarà indirizzata nella struttura più adatta. Accorciando le attese e alleggerendo i carichi delle organizzazioni che devono occuparsi dei casi più complessi.
Separeremo l’emergenza dall’urgenza. La prima richiede immediatezza di intervento, la seconda non dipende strettamente dalle tempistiche, ma prevede di intervenire per evitare criticità. Quindi potenzieremo il 118 e attiveremo il numero unico 116117 per chiedere assistenza o consigli: sarà l’operatore a dare le indicazioni più puntuali. Attiveremo capillarmente i CAU (Centri di assistenza per l’urgenza, aperti H24 con medici di continuità assistenziale, ovvero ex guardie mediche, infermieri, persino OSS) dove saranno indirizzati i codici bianchi e verdi che non avranno bisogno dei Pronto Soccorso e delle unità di anestesia e rianimazione. Verranno inoltre attivate le Uca, un servizio domiciliare d’urgenza h24 che si recherà a casa del cittadino.
Questa riforma è il frutto di un confronto capillare con il mondo della sanità e con i rappresentanti dei territori. É quindi attenta alla prossimità al cittadino ma fa leva su esperienze che nella nostra Regione godono di una buona performance, pur nel quadro complesso in cui si trova la sanità pubblica italiana.
Un quadro che, questo sì lo denunciamo, è drammaticamente sottofinanziato a livello nazionale avendo raggiunto un valore pari al solo il 6% del PIL, contro il 7% del 2020, pur non essendo questo il motivo per cui si riorganizza il sistema di emergenza-urgenza.
Quello che auspichiamo è di poter presto dire che abbiamo fatto un passo avanti nella presa in carico del cittadino e della sua salute.

I consiglieri regionali reggiani di maggioranza: Amico Federico, Bondavalli Stefania, Costa Andrea, Mori Roberta, Soncini Ottavia

Ricerca sanitaria, via libera alla risoluzione Pd per arginare il precariato

Andrea Costa e Ottavia Soncini: “Urgente intervenire a livello normativo per riconoscere professionalità ed esperienze degli operatori della ricerca sanitaria pubblica”

Via libera in Commissione regionale Sanità alla risoluzione PD a prima firma Andrea Costa e sottoscritta dalla Consigliera e Presidente di Commissione Ottavia Soncini. Il documento approvato sollecita la Giunta regionale a intervenire presso il Governo nazionale e i parlamentari eletti nelle circoscrizioni emiliano-romagnole al fine di arginare il fenomeno del precariato nel sistema pubblico della ricerca sanitaria.

“La nostra risoluzione è stata discussa e approvata nel giorno in cui la commissione ha ascoltato in audizione gli amministratori ed esperti della Rete Oncologica ed Emato-oncologica regionale. Non è un caso. La ricerca scientifica negli istituti sanitari pubblici è uno dei motori della rete regionale oncologica” sottolineano Costa e Soncini.

“Quello che continuiamo a segnalare come disfunzionale è il sistema di reclutamento e inquadramento del personale degli istituti di ricerca. Un sistema che nulla ha a che vedere con la Regione, poiché è normato a livello nazionale. Un sistema che non tiene conto delle competenze acquisite e delle professionalità sviluppate in anni di esperienza poiché costringe al precariato personale altamente formato, anche quando i rapporti di lavoro sono particolarmente lunghi” denunciano Costa e Soncini.

La riforma degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, approvata a fine 2022 per rispettare le tempistiche previste dal PNRR, non ha risolto il problema. “Ecco perché – caldeggiano i consiglieri – va affrontato con la massima urgenza. Da tempo in Assemblea Legislativa e in Commissione Sanità interveniamo su questo tema consapevoli che la tanto attesa riforma degli IRCCS lascia in sospeso alcuni punti dirimenti. L’applicazione della stabilizzazione Madia per il personale della cosiddetta Piramide della ricerca, l’obbligo di definizione di dotazioni organiche della ricerca per il riaccreditamento degli Istituti e infine la creazione della figura del dirigente della ricerca sanitaria, a fianco di quelle attuali, con valorizzazione del titolo di dottorato di ricerca”.

Precari della ricerca sanitaria, Costa e Soncini (Pd): “Stabilizzazione fuori dalla riforma, urgente intervenire a livello nazionale”

La riforma degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, approvata a fine 2022 per rispettare le tempistiche previste dal PNRR, non è risolutiva di un problema annoso e radicato: quello dell’inquadramento del personale che vi opera. Da tempo, in Assemblea Legislativa regionale, se ne occupano i consiglieri regionali Pd Andrea Costa e Ottavia Soncini.

“Stiamo seguendo un percorso di ascolto degli operatori pubblici della ricerca in sanità che da troppo tempo attendono un giusto e dignitoso riconoscimento della loro professionalità. Il loro infatti è un settore nel quale la precarietà definisce rapporti di lavoro anche molto lunghi”. Andrea Costa come primo firmatario e Ottavia Soncini, che ricopre il ruolo di Presidente della Commissione regionale Salute, hanno presentato una risoluzione alla Giunta.

“I nodi, lasciati aperti dalla tanto attesa riforma degli IRCCS, rispetto all’antico problema dei precari della ricerca, riguardano in particolare tre punti. L’applicazione della stabilizzazione Madia per il personale della cosiddetta “Piramide della ricerca”. L’obbligo di definizione di dotazioni organiche della ricerca per il riaccreditamento degli Istituti. Infine, la creazione della figura del dirigente della ricerca sanitaria, a fianco di quelle attuali, con valorizzazione del titolo di dottorato di ricerca – segnalano i consiglieri, che sottolineano – I ricercatori, ad oggi, sono assunti in strutture sanitarie pubbliche con contratti da rinnovare ogni 5 anni. La stabilizzazione dei precari della ricerca in sanità doveva rientrare nella discussione della riforma, poi in sede di approvazione della legge di bilancio in base agli accordi presi a livello parlamentare. Ma è slittata due volte, dobbiamo riprenderla in mano”.

“A dicembre 2022 abbiamo avuto modo di ascoltare in udienza conoscitiva i professionisti che gestiscono e operano nella nostra rete IRCSS regionale. Sulla base di quanto emerso e dell’incertezza che ancora segna il loro inquadramento, ora abbiamo formalizzato un atto che intende impegnare la Regione a sollecitare Governo e Parlamento, in tutte le sedi istituzionali opportune, ed anche per il tramite dei parlamentari eletti nelle circoscrizioni emiliano-romagnole, affinché vengano adottate soluzioni normative di carattere strutturale per superare definitivamente l’annoso fenomeno del precariato del personale degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ma anche degli Istituti zooprofilattico sperimentali” richiamano Costa e Soncini. “La ricerca nella sanità pubblica va sostenuta ed è motivo di vanto per il nostro sistema regionale. La Regione da sola, però, non può intervenire e serve una svolta a livello nazionale che punti a valorizzare le professionalità acquisite, consentendo agli Istituti di assumere a tempo indeterminato il personale della ricerca delle attività di supporto ad essa. Sono professionisti reclutati a tempo determinato con procedure concorsuali che meritano di essere arruolati con modalità trasparenti e corrette” commentano i consiglieri Pd.

Autismo, in Commissione Sanità regionale gli impegni per rafforzare i percorsi di diagnosi e presa in carico

I consiglieri reggiani di maggioranza: “Nel 2022, 91 nuove diagnosi in provincia di Reggio Emilia”

Con il nuovo Programma Regionale Integrato Autismo 2023-2027 (PRIA), la Regione punta a diagnosi sempre più tempestive e progetti personalizzati di cura. “Un obiettivo che va raggiunto grazie all’integrazione dei servizi offerti sul piano sanitario, scolastico e di welfare. Negli ultimi anni in Emilia-Romagna stiamo facendo progressi importanti, in un campo che sicuramente presenta sfide quotidiane e in cui il margine di miglioramento è sempre evidente” sottolineano i consiglieri Ottavia Soncini, Federico Amico, Stefania Bondavalli, Andrea Costa e Roberta Mori a margine della seduta della commissione Sanità durante la quale si è votata una risoluzione proposta da tutti i gruppi di maggioranza che intende integrare gli obiettivi del nuovo Pria, di recente approvato dalla Giunta.

“Nella nostra provincia, nel 2022, sono state 91 le nuove diagnosi. Di queste, oltre la metà nei primi tre anni di vita. Un segno di come sul piano delle diagnosi, si stia lavorando per agire tempestivamente”.

Per i casi in età evolutiva la valutazione diagnostica avviene su richiesta del pediatra di libera scelta o del medico di medicina generale. In alternativa, su richiesta del referente clinico della NPIA che segue il minore seguito per altre problematiche. Viene data una prima risposta alla richiesta del pediatra o del medico entro 30 giorni e, come da indicazione PRIA, di effettuare la precisazione della diagnosi clinica entro tre mesi dall’invio ai servizi specialistici per i disturbi dello spettro autistico.

“La valutazione diagnostica avviene in media entro tre mesi dalla richiesta, con maggiore tempestività per i casi 0-3 anni. – sottolineano i consiglieri che richiamano gli impegni approvati in Commissione – Dal 2019 si è intensificato il raccordo già esistente tra i pediatri di libera scelta e i servizi di NPIA. Noi chiediamo che si prosegua con determinazione su questa strada, intensificando anche i rapporti tra i servizi sanitari e quelli educativi e scolastici. Prima viene effettuata la diagnosi, più efficaci sono le terapie e i percorsi personalizzati da individuare. Anche per questo, come consiglieri regionali di maggioranza, con la risoluzione che abbiamo proposto e approvato, impegniamo la Giunta ad intraprendere ogni azione utile, anche nell’interlocuzione con il legislatore statale e il Governo, per garantire una dotazione di organico adeguata, sia dal punto di vista numerico che delle professionalità e competenze necessarie, sia nelle neuropsichiatrie infantili che nei dipartimenti di salute mentale, per favorire la diagnosi precoce e la tempestiva presa in carico, eliminando i limiti al tetto di spesa per l’assunzione del personale. Molte delle nostre richieste sono il frutto del costante confronto con le famiglie e le associazioni emiliano-romagnole, il cui feedback prezioso in merito alle criticità e opportunità è un elemento fondamentale per l’organizzazione e gestione dei servizi per i disturbi dello spettro autistico”.

Disturbi alimentari, il punto in Regione

Commissioni Salute e Scuola congiunte per garantire supporto agli oltre 2000 assistiti in Emilia-Romagna ogni anno

Quella dei disturbi del comportamento alimentare è una piaga che continua a crescere e colpisce sempre più adolescenti e preadolescenti. Sono oltre 2.000 le persone che annualmente sono prese in carico in Emilia-Romagna per anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e altri disturbi. La stragrande maggioranza, oltre il 90%, sono ragazze e donne e la fascia di età coinvolta si abbassa fino a quella pediatrica.

“Ne abbiamo parlato in Commissione Sanità e Scuola dove appena qualche mese fa avevamo seguito l’informativa sul “Programma regionale di contrasto ai Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione: dati epidemiologici, economici e progetti regionali – riportano la presidente Ottavia Soncini e Francesca Marchetti e aggiungono come – Nel 2022 la Regione Emilia-Romagna aveva stanziato 820 mila euro, ripartite tra le aziende sanitarie del territorio, per sostenere il programma di assistenza ai giovani tra i 12 e i 25 anni con disturbi del comportamento alimentare e per supportarne l’assistenza residenziale nelle strutture accreditate “in Volo” di Parma e “residenza Gruber” di Bologna”.

La Commissione, in seduta congiunta, ha approvato un documento unanime che pone il tema di individuare linee di intervento comuni e uniformi tra tutte le Aziende sanitarie regionali. Il modello organizzativo attuale proposto dalla Regione Emilia-Romagna è quello dei Programmi PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) delle Aziende Usl e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie, in una logica di rete tra servizi e con la persona al centro della cura. Il modello prevede in ogni territorio provinciale un’équipe interdisciplinare come nucleo del sistema di cura, responsabile della continuità e coerenza dei trattamenti e dei rapporti con i centri specializzati e con le strutture della rete dei servizi sanitari. Un modello che integra la componente pubblica e quella privata accreditata.

“Il lavoro di équipe tra i servizi medici e clinici, l’assistito e la sua cerchia familiare, scolastica, sociale per individuare le terapie e i trattamenti adeguati e investire nella riabilitazione della persona è fondamentale” sottolineano le dem. “A medici di base e pediatri di libera scelta siano garantiti adeguati corsi di aggiornamento in merito ai disturbi del comportamento alimentare e scuole, associazioni e gruppi di mutuo e auto aiuto vanno supportati nei servizi che consentono di individuare con tempestività problematiche emergenti, di trattare casi conclamati, sostenere le cure e il percorso di riabilitazione, supportare le famiglie degli assistiti”.

Verso la riforma degli IRCCS, audizione in Commissione regionale Sanità

Soncini e Costa (Pd): “Pieno sostegno alla ricerca e ai ricercatori”

La riforma degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico è uno dei passaggi fondamentali, previsti  dal PNRR, da raggiungere entro fine dicembre 2022. La Commissione Politiche per la Salute regionale presieduta dalla dem Ottavia Soncini, ha invitato, come previsto da una risoluzione Pd approvata a giugno, a prima firma del consigliere Andrea Costa, i soggetti coinvolti per approfondire posizioni, punti di forza ed eventuali criticità.

“In Emilia-Romagna contiamo su una rete IRCSS fondata su cinque istituti: quello di Reggio Emilia, il Rizzoli, il Sant’Orsola e il Bellaria a Bologna e quello di Meldola. Dal 2009 la Regione finanzia ciascuno con 1milione 250mila euro l’anno consapevole che la ricerca sanitaria sia un elemento prezioso su cui la sanità regionale può contare – commenta Soncini che aggiunge – Ogni spesa in ricerca, cura e riabilitazione è un investimento per la salute di tutti. Per questo ribadiamo la necessità che la nostra sanità pubblica e universalistica abbia a disposizione un fondo sanitario nazionale adeguato ai bisogni di salute dei cittadini e riesca a reperire, riconoscere e trattenere i professionisti che lavorano nella nostra sanità”.

“La riforma degli IRCCS pensiamo sia una mossa giusta nel più ampio disegno di una rete di assistenza sanitaria territoriale più efficace. Il decreto governativo che la affronta, tuttavia, presenta alcune lacune- afferma il consigliere Costa -e la capacità della nostra rete regionale di rispondere agli input nazionali non può superare, da sola, i nodi che rimangono.” “Per questo dalla Commissione regionale Politiche per la Salute- concludono i consiglieri- continueremo il lavoro al fine di sensibilizzare tutte le forze politiche e le rappresentanze in parlamento perché sostengano la ricerca, anche nell’ambito pubblico, e si sostengano i ricercatori per un lavoro così delicato ed essenziale, che ha bisogno di essere tutelato e adeguatamente riconosciuto”.

Per IRCCS di Reggio Emilia, riconosciuto nel 2011, sono 199 i professionisti tra dipendenti, borsisti e convenzionati, che si dedicato alla ricerca. Di questi, oltre 150 hanno redatto almeno un articolo scientifico nel 2021.