Disturbi alimentari, il punto in Regione

Commissioni Salute e Scuola congiunte per garantire supporto agli oltre 2000 assistiti in Emilia-Romagna ogni anno

Quella dei disturbi del comportamento alimentare è una piaga che continua a crescere e colpisce sempre più adolescenti e preadolescenti. Sono oltre 2.000 le persone che annualmente sono prese in carico in Emilia-Romagna per anoressia, bulimia, alimentazione incontrollata e altri disturbi. La stragrande maggioranza, oltre il 90%, sono ragazze e donne e la fascia di età coinvolta si abbassa fino a quella pediatrica.

“Ne abbiamo parlato in Commissione Sanità e Scuola dove appena qualche mese fa avevamo seguito l’informativa sul “Programma regionale di contrasto ai Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione: dati epidemiologici, economici e progetti regionali – riportano la presidente Ottavia Soncini e Francesca Marchetti e aggiungono come – Nel 2022 la Regione Emilia-Romagna aveva stanziato 820 mila euro, ripartite tra le aziende sanitarie del territorio, per sostenere il programma di assistenza ai giovani tra i 12 e i 25 anni con disturbi del comportamento alimentare e per supportarne l’assistenza residenziale nelle strutture accreditate “in Volo” di Parma e “residenza Gruber” di Bologna”.

La Commissione, in seduta congiunta, ha approvato un documento unanime che pone il tema di individuare linee di intervento comuni e uniformi tra tutte le Aziende sanitarie regionali. Il modello organizzativo attuale proposto dalla Regione Emilia-Romagna è quello dei Programmi PDTA (Percorso diagnostico terapeutico assistenziale) delle Aziende Usl e delle Aziende Ospedaliero-Universitarie, in una logica di rete tra servizi e con la persona al centro della cura. Il modello prevede in ogni territorio provinciale un’équipe interdisciplinare come nucleo del sistema di cura, responsabile della continuità e coerenza dei trattamenti e dei rapporti con i centri specializzati e con le strutture della rete dei servizi sanitari. Un modello che integra la componente pubblica e quella privata accreditata.

“Il lavoro di équipe tra i servizi medici e clinici, l’assistito e la sua cerchia familiare, scolastica, sociale per individuare le terapie e i trattamenti adeguati e investire nella riabilitazione della persona è fondamentale” sottolineano le dem. “A medici di base e pediatri di libera scelta siano garantiti adeguati corsi di aggiornamento in merito ai disturbi del comportamento alimentare e scuole, associazioni e gruppi di mutuo e auto aiuto vanno supportati nei servizi che consentono di individuare con tempestività problematiche emergenti, di trattare casi conclamati, sostenere le cure e il percorso di riabilitazione, supportare le famiglie degli assistiti”.

Verso la riforma degli IRCCS, audizione in Commissione regionale Sanità

Soncini e Costa (Pd): “Pieno sostegno alla ricerca e ai ricercatori”

La riforma degli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico è uno dei passaggi fondamentali, previsti  dal PNRR, da raggiungere entro fine dicembre 2022. La Commissione Politiche per la Salute regionale presieduta dalla dem Ottavia Soncini, ha invitato, come previsto da una risoluzione Pd approvata a giugno, a prima firma del consigliere Andrea Costa, i soggetti coinvolti per approfondire posizioni, punti di forza ed eventuali criticità.

“In Emilia-Romagna contiamo su una rete IRCSS fondata su cinque istituti: quello di Reggio Emilia, il Rizzoli, il Sant’Orsola e il Bellaria a Bologna e quello di Meldola. Dal 2009 la Regione finanzia ciascuno con 1milione 250mila euro l’anno consapevole che la ricerca sanitaria sia un elemento prezioso su cui la sanità regionale può contare – commenta Soncini che aggiunge – Ogni spesa in ricerca, cura e riabilitazione è un investimento per la salute di tutti. Per questo ribadiamo la necessità che la nostra sanità pubblica e universalistica abbia a disposizione un fondo sanitario nazionale adeguato ai bisogni di salute dei cittadini e riesca a reperire, riconoscere e trattenere i professionisti che lavorano nella nostra sanità”.

“La riforma degli IRCCS pensiamo sia una mossa giusta nel più ampio disegno di una rete di assistenza sanitaria territoriale più efficace. Il decreto governativo che la affronta, tuttavia, presenta alcune lacune- afferma il consigliere Costa -e la capacità della nostra rete regionale di rispondere agli input nazionali non può superare, da sola, i nodi che rimangono.” “Per questo dalla Commissione regionale Politiche per la Salute- concludono i consiglieri- continueremo il lavoro al fine di sensibilizzare tutte le forze politiche e le rappresentanze in parlamento perché sostengano la ricerca, anche nell’ambito pubblico, e si sostengano i ricercatori per un lavoro così delicato ed essenziale, che ha bisogno di essere tutelato e adeguatamente riconosciuto”.

Per IRCCS di Reggio Emilia, riconosciuto nel 2011, sono 199 i professionisti tra dipendenti, borsisti e convenzionati, che si dedicato alla ricerca. Di questi, oltre 150 hanno redatto almeno un articolo scientifico nel 2021.

“Da Parlamento e Governo ci aspettiamo l’impegno per riaffermare la centralità di un sistema sanitario pubblico e universalistico”

“La sanità emiliano-romagnola è al sicuro e anche quest’anno chiuderemo i conti in pareggio. Come sempre fatto” la consigliera regionale e Presidente della Commissione regionale Sanità Ottavia Soncini rassicura e anticipa il deposito di una risoluzione sottoscritta da tutta la maggioranza di viale Aldo Moro.

“La nostra è una rete sanitaria e socioassistenziale di qualità non scontata. Lo dimostrano anche i dati 2020-21 sulla mobilità sanitaria attiva: in piena pandemia, abbiamo erogato prestazioni a pazienti provenienti da altre regioni per oltre un miliardo di euro a fronte di una mobilità passiva che ha di poco superato i 400 milioni” ricorda la presidente della IV commissione.

“È indispensabile lo sforzo di tutti per preservare questo straordinario patrimonio. Ci rivolgiamo – sottolinea – a Governo e Parlamento nazionale in primis. I costi di una pandemia mondiale non possono ricadere sul bilancio di una Regione. Come consiglieri regionali Pd e di maggioranza, chiediamo quindi a tutti i parlamentari emiliano-romagnoli di scendere in campo a difesa della sanità pubblica.

“Dopo la pandemia sanitaria, il cui costo in termini sociali ed economici ha pesantemente gravato sulla nostra Regione, una delle più colpite con un’incidenza di casi superiore del 10% rispetto a quella nazionale, ora è la crisi energetica a colpire duramente. – riprende Soncini – Il caro bollette, sulle strutture ospedaliere e sociosanitarie pesa come un macigno. Senza contare che siamo ancora in attesa dei rimborsi Covid da parte del Governo nazionale”.

“La Regione Emilia-Romagna ha reperito un miliardo e mezzo di risorse proprie per coprire le spese eccezionali legate alla gestione Covid e alla campagna vaccinale. Appena scoppiati i contagi a livello globale, la nostra Regione, non dobbiamo scordarlo, ha fatto da subito la sua parte: reperendo mascherine e dispositivi di protezione, respiratori, spazi attrezzati, vaccini. Quella che si sta facendo qui in Emilia-Romagna non è una battaglia di parte” insiste Soncini.

“Quello della Regione, che condividiamo e supportiamo, è un forte impegno per riaffermare la centralità di un sistema sanitario pubblico e universalistico, all’altezza dei bisogni di salute delle cittadine e dei cittadini. – evidenza l’esponente Pd, che chiosa – La Regione da sola non può accollarsi la difesa di questo sistema, tutti i consiglieri e i parlamentari emiliano-romagnoli di ogni schieramento politico si sentano investiti di questa responsabilità verso la popolazione e si facciano parte attiva in tutte le sedi istituzionali perché il Governo nazionale assuma gli impegni e gli atti conseguenti”.

Poste, i consiglieri PD reggiani interrogano la Regione sui servizi postali in Appennino

Soncini: “Poste presidio fondamentale nelle aree montante”

L’ufficio postale di Gazzano di Villa Minozzo ad oggi rimane aperto appena 10 ore e mezza alla settimana per sole due mattine, quella del lunedì e del venerdì. “Stiamo parlando dell’unico presidio pubblico in un paese di montagna e spiace che l’apertura sia garantita per soli due giorni. Peraltro ci sono stati segnalati disservizi causati dalla scarsa connettività dell’area” riportano i consiglieri regionali reggiani del Partito Democratico Ottavia Soncini, Andrea Costa e Roberta Mori.

“Di per se, le aperture ridotte o addirittura la chiusura degli uffici postali o di sportelli bancari in Appennino rappresenta sempre una cattiva notizia, dato che tali scelte finiscono per penalizzare e impoverire un territorio già di per sé svantaggiato. – proseguono, sottolineando – In Emilia-Romagna stiamo facendo uno sforzo massiccio, con risorse economiche e gestionali inedite, per valorizzare le aree interne e montane, contrastando la rarefazione dei servizi”.

A riguardo hanno quindi deciso di presentare un’interrogazione alla Giunta regionale, a prima firma Soncini e sottoscritta anche dai colleghi Costa e Mori. “A partire dal caso di Gazzano di Villa Minozzo, chiediamo alla Regione se non ritenga opportuno avviare con Poste italiane un confronto volto a garantire che l’ufficio postale dei Comuni dell’Appennino che scontano criticità come la bassa densità abitativa e collegamenti disagevoli, possano tornare a modalità di funzionamento meglio rispondenti alle esigenze dei residenti”.

“Infine, oltre alle difficoltà fisiche, segnaliamo anche quelle digitali per realtà come quella di Gazzano. Perciò chiediamo quali progetti siano attivi in regione per migliorare la connettività nelle zone appenniniche, delle aree interne e in generale delle zone marginali emiliano-romagnole” concludono i consiglieri regionali.

Carenza di personale sanitario, interrogazione di Soncini e Maletti

“La questione è nazionale, e non è solo confinata ad alcuni territori: vi è preoccupazione da parte della generalità delle regioni per le criticità che riguardano il fabbisogno di personale dipendente e convenzionato per la gestione dei propri sistemi sanitari. – esordisce così la consigliera regionale PD e presidente della IV Commissione Sanità Ottavia Soncini che riporta – È un problema che viene da lontano, dovuto ad una programmazione che si è dimostrata non adeguata: tale situazione va affrontata in modo organico e complesso. Nel prossimo biennio circa 9 mila medici di base andranno in pensione anticipata a fronte di soli 3.000 giovani in formazione. La nostra Regione è corsa ai ripari, tanto che da inizio pandemia a oggi, ha già in organico oltre 6.100 dipendenti in più”. Fra questi, oltre 530 medici, quasi 3.200 infermieri, quasi 1.500 operatori sociosanitari, 590 amministrativi professionali, 150 sanitari non medici; vanno aggiunti altri 1.200 rapporti di collaborazione attivati attraverso appositi istituti previsti dalla normativa Covid, di cui circa 600 specializzandi e ulteriori medici, infermieri, sanitari.

“Abbiamo esigenze connesse alla gestione della pandemia ancora in corso,  al recupero delle prestazioni sanitarie non erogate a causa della pandemia e all’attuazione degli obiettivi del PNRR. – spiegano Soncini e Maletti – Per far fronte a questo lavoro, la Regione Emilia-Romagna, oltre a pubblicare periodicamente i bandi per le carenze, non ha mai perso l’occasione per esprimere in tutti i contesti nazionali competenti la necessità di aumentare il contingente dei medici da ammettere ai corsi regionali di formazione specialistica e di medicina generale”.

“Serve rendere sempre più attrattivo il lavoro nel sistema sanitario pubblico – affermano inoltre Soncini e Maletti – cercando di snellire la burocrazia e aumentando le potenzialità dell’informatica e della digitalizzazione applicate alla sanità per consentire ai professionisti di concentrarsi in pieno sulla presa in carico della persona oltre che sulla prestazione sanitaria”.

“Ora che il PNRR traccia il futuro della medicina puntando a territorialità e prossimità, il Governo ha presentato alle Regioni la bozza di un Decreto Ministeriale, il DM71, che contiene la riforma di settore e definisce come dovranno essere organizzate le cure sul territorio e con quanto personale. Con una interrogazione, quindi, chiediamo all’Assessorato quanti siano i medici ospedalieri e di famiglia di cui avremo bisogno in Emilia-Romagna alla luce delle novità, quanti ne mancano e come intenda muoversi la nostra Regione, per quanto di sua competenza,  per fare fronte a tale fabbisogno e per investire sulla medicina territoriale, confrontandosi con il Governo e in sede di Conferenza delle Regioni” concludono le Consigliere dem.

Servizi di Aiuto per Persone con disabilità, interrogazione Pd

Ottavia Soncini, consigliera regionale del Pd e presidente della commissione Politiche per la salute e sociali e Marcella Zappaterra, capogruppo del Pd in Regione, portano all’attenzione della Giunta i servizi di aiuto alla persona per i cittadini con disabilità e chiedono, in un’interrogazione, qual è il bilancio di questo servizio.

Nell’interrogazione, domandano all’esecutivo regionale “quanti sono e come sono distribuiti sul territorio regionale i Servizi di aiuto personale e da chi vengono gestiti”. E ancora, “in che misura sono utilizzati per tali servizi i contributi previsti” dalla Legge regionale del 1997, “se sono ancora attivi i corsi di formazione previsti dalla deliberazione della Giunta del 1998 per coloro che prestano la loro opera all’interno dei Servizi alla persona e se è presente un report di verifica o altra forma di controllo e valutazione”.

Infine vogliono sapere “se esiste un monitoraggio regionale del loro operato e se è stata presentata la relazione sullo stato di attuazione delle politiche a favore delle persone con disabilità prevista dalla legge regionale, al fine di comprendere, attraverso i dati, quale ruolo avranno tali servizi nell’ambito del Nuovo Piano sociale e sanitario regionale” che – ricordano –  “è in via di definizione ed è uno strumento di programmazione essenziale, chiamato ora ad un ulteriore salto di qualità per riorientarlo ai nuovi bisogni emersi durante la pandemia, alle mutate esigenze di cura e presa in carico”.

Soncini spiega poi il perché di “una interrogazione sui Servizi di aiuto alla persona per le persone con disabilità”. “Analizzare il funzionamento e la gestione a livello regionale di questi servizi – sottolinea – significa fermarsi a riflettere e lavorare sullo stare bene insieme delle persone, da guardare nella loro unicità e non per la loro disabilità, costruendo luoghi e momenti di buona vita”. “Occorre ripartire – evidenzia la presidente della commissione – dal senso di comunità e dal problema dell’isolamento che questa pandemia ha acuito, mettendo al centro non un approccio prestazionale ma relazionale e di presa in carico” conclude Soncini.

La giornata del vaccinato

Quella che è in corso contro il COVID-19 è la più grande vaccinazione di massa globale che si sia mai registrata e si impongono riflessioni di ordine etico e morale, che affiancano quelle di ordine sanitario. È evidente che bisogna porre il tema della giustizia, cioè dell’ordine virtuoso dei rapporti umani, dal momento che chi non si vaccina (pur essendo nella condizione di farlo) beneficia di qualcosa a cui non ha contribuito, anzi abusa del senso civico e del senso di giustizia di chi si vaccina, di fatto è come chi si lamenta degli ospedali o delle strade e non paga le tasse. Ormai è evidente a tutti che non ci sono alternative alla vaccinazione di massa per evitare il lockdown, la didattica a distanza, la sospensione della socialità e delle attività economiche, se a qualcuno ancora non fosse chiaro basta guardare cosa sta accadendo in queste ore negli Stati a bassa vaccinazione e senza restrizioni. Vaccinarsi, dunque, assume il valore di dovere civico e obbligo normale, l’alternativa è sprofondare in una non vita, in una negazione della nostra natura, che è prima di tutto relazionale, sociale ed emozionale. L’alternativa alla vaccinazione è mettere a rischio la vita delle persone e vedere le bacheche delle affissioni piene di necrologi o i camion militari pieni di bare. L’alternativa alla vaccinazione, non sono i magici unguenti di cui si legge spesso, ma la solitudine e l’isolamento. L’alternativa alla vaccinazione sono gli ospedali saturi di pazienti covid lasciando fuori gli ammalati di tumori, di cardiopatia e di malattie gravi, ledendo il fondamentale diritto alla cura. Dunque i vaccinati si sono fatti carico di un problema di tutti, permettendo ai non vaccinati di sfruttare la minor probabilità di ammalarsi e pensando addirittura che il costo dei tamponi ricada sulla collettività. Nello stato di diritto per evitare che una minoranza (nettissima minoranza in questo caso) si prenda gioco della maggioranza, è indispensabile riconoscere i meriti di chi si è assunto la responsabilità di salvare se stesso, ma anche e soprattutto gli altri. Se i ristoranti sono tornati ad avere clienti, se le industrie sono tornate a produrre, se gli alunni sono rientrati a scuola, se i figli sono tornati a visitare i genitori nelle case protette, se i malati sono tornati ad essere accolti in sicurezza dagli ospedali, se i medici hanno continuato a visitare e a non essere visitati, il merito è dei vaccinati, il vaccino è inconfutabilmente la precondizione per il ritorno alla normalità.Terminato questo tempo e superate le tensioni che porta con sè, sarebbero necessari segni di riconoscimento per i cittadini virtuosi, che utilizzando ciò che la scienza e la medicina hanno offerto, si sono assunti la responsabilità anche per gli altri: si potrebbero prendere in considerazione premialità di natura fiscale e criteri di accesso privilegiati. Perché non partire mettendo a calendario la giornata del vaccinato? Una stragrande maggioranza silenziosa e responsabile che ha permesso all’Italia di ripartire, persone che non hanno bisogno di sventolare la bandiera italiana nelle piazze, perché lo sanno già che sono italiani e che hanno fatto una cosa per cui oggi nel mondo ci guardano con rispetto.

Ottavia Soncini – Presidente Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna

*Lettera pubblicata sulla Gazzetta di Reggio il 24 ottobre 2021

Matteo, ora chiudi la Bestia

Caro Matteo Salvini,

sono una consigliera regionale dell’Emilia-Romagna rieletta in questa legislatura e che ha vissuto in prima persona la campagna elettorale che hai condotto qui da noi nel gennaio 2020, sostenuto dalla Bestia famelica di vittime, da Bibbiano all’incensurato del Pilastro a Bologna. Come reazione al clima aggressivo scatenato dalla martellante campagna social, scelsi di caratterizzare la mia candidatura all’insegna della democrazia gentile, per prendere le distanze da un linguaggio violento, che diffondeva odio, razzismo e divisioni. Sono di cultura convintamente garantista e Luca #Morisi per me è innocente fino a prova contraria e delle sue vicende personali tu non porti alcuna responsabilità, tuttavia ti invito a una riflessione prendendo a pretesto la triste vicenda di questi giorni. La Bestia su tuo mandato o con la tua condivisone ha quotidianamente bersagliato persone, colpendole nel loro impegno, nel loro lavoro, nelle loro scelte, nelle loro fragilità. Ricordo bene la gogna riservata a Elsa Fornero, a Laura Boldrini, a Stefano Cucchi, a Giulia Viola Pacilli e a tanti altri, che spesso avete condannato sostituendovi a pubblici ministeri e a giudici. Gli immigrati, i musulmani, le donne, gli attivisti, gli outsider, i politici – gli altri ovviamente – come trovata per aizzare i cittadini (o forse i followers) al richiamo di una presunta identità nazionale, basata su Dio Patria Famiglia e sul Crocefisso esibito in modo del tutto inopportuno alle tribune elettorali. La messa alla berlina delle persone, le fake news, le distorsioni per finire in trend topic a tutti i costi e per determinare la diabolica relazione tra l’infrastruttura social, le televisioni, i giornali, le piazze e i bar nella diffusione del verbo leghista/salviniano/morisicano, col fine di avvelenare il confronto pubblico, a dire il vero rimettendosi nel solco ben arato dalla Casaleggio Associati. In quest’ottica la comunicazione diventa una mera tecnica di sollecitazione di onde emotive divisive, sostituendo il progetto politico, i temi comunicativi diventano temi politici, con l’evidente risultato di rimanere vittima degli stessi meccanismi promossi: dalla citofonata alla mano allungata per aiutare l’amico a rialzarsi, il cortocircuito è totale. Vedi Matteo, un politico non può scegliere quali fragili aiutare, la pietas deve essere massimamente democratica e deve valere per tutti, un politico non può essere credibile se sulle stesse pagine social trovi: ‘Cucchi se l’è cercata’ e ‘Morisi è un amico’. Funziona sui social dividere il mondo tra buoni e cattivi, non nella realtà. È indubbio che con le tue scelte hai inquinato la politica italiana, scelte comunicative disinvolte, ciniche e spregiudicate di cui porti la responsabilità più alta, addirittura negli anni di Governo la Bestia era l’ufficio stampa del Ministero degli Interni e pagata anche dai soldi dei cittadini. Insomma, tra te e la Bestia c’è completa sovrapposizione, la propaganda terrificante e pericolosissima di questo giro di anni ha la tua firma, la mostrificazione di Bibbiano, dei suoi amministratori, dei servizi, ha il tuo nome e il tuo cognome. Ora che sia proprio tu a lamentarti della gogna mediatica è un contrappasso che potrebbe anche essere divertente, qualora di mezzo non ci fosse la sofferenza esistenziale di una persona, di un essere umano che merita rispetto. Caro Matteo, cogli l’occasione, fai capire agli italiani che hai imparato la lezione: chiudi la Bestia. Prima del processo a Morisi, facciamo il processo alla Bestia ed allontaniamo gli aggressori verbali, l’orizzonte politico è profondamente cambiato: in questi due anni di pandemia hai avuto posizioni politiche che hanno fatto male al Paese, prima hai messo in dubbio l’utilità del distanziamento, poi quello delle mascherine, sei passato a lisciare il pelo ai no vax da vaccinato, infine hai pasticciato sul Green Pass diffondendo confusione e insicurezze, sempre inseguendo il trend topic del giorno, ma sei un leader politico non un influencer che guadagna con le interazioni. Chiudendo la Bestia daresti un segnale, aiuteresti anche il governo impegnato in uno sforzo titanico di cambiamento e innovazione del Paese e che fatica a confrontarsi con un partito sospeso tra la Bestia e Giorgetti, aiuteresti a ripristinare un clima di distensione e, alla fine, agevoleresti la democrazia gentile, di cui i nostri concittadini sentono un gran bisogno, perché il problema non è mai la bestia, ma il suo padrone.

Ottavia Soncini – Presidente Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna

*Lettera pubblicata sulla Gazzetta di Reggio l’1 ottobre 2021

Tamponi gratuiti per chi non si vaccina? Io sono contraria

Sono fermamente contraria all’ipotesi dei tamponi gratuiti, per tutti quelli che si possono vaccinare, di cui si sta discutendo in questi giorni. Secondo alcuni partiti, con la Lega di Salvini al primo posto, e alcune sigle sindacali sarebbe una manovra necessaria per “traghettare” gli indecisi verso il vaccino.
Al lavoro si deve andare tutti i giorni e siccome libertà deve fare rima con responsabilità (libertà garantita dalla possibilità di fare un tampone), chi lavora deve mettere in sicurezza i colleghi. Sono stati sconfitti i partiti che volevano riaprire tutto esattamente un anno fa e oggi che si può tornare a lavorare (grazie ai vaccini e non a Maga Magò) erano disposti a richiudere tutto sacrificando l’unico strumento in grado di garantire serenità e continuità lavorativa.
Da Presidente della commissione salute della Regione Emilia Romagna non posso che oppormi a questa scelta e sposare in tutto e per tutto la linea della fermezza del premier Mario Draghi. Il green pass obbligatorio per tutti i lavoratori come strumento per continuare ad aprire il paese. Questo per due motivi.
Il primo è che faremmo ricadere sulla fiscalità generale una spesa inutile. Il vaccino è già completamente gratuito per tutte e tutti i cittadini ed è coperto dai bilanci della sanità pubblica. Non abbiamo bisogno di ulteriori strumenti, che di fatto rallenterebbero ancora l’obiettivo finale dell’immunità di gregge, rimandando ancora di settimane la vaccinazione di una corposa parte della popolazione.
Il secondo motivo è che la sanità pubblica ha l’urgente necessità di tornare a pieno regime su tutta l’attività ordinaria. Sono i cittadini italiani a chiederlo. Non possiamo permetterci di avere ancora altri mesi di liste bloccate per le visite, sacrificando forze e risorse per effettuare i tamponi.
Il vaccino è lo strumento migliore per sconfiggere il virus. Ed è sicuro. Anche il recente rapporto dell’AIFA ha sottolineato come solo lo 0,02% delle dosi di vaccino abbia causato reazioni avverse gravi. Parliamo di un numero estremamente basso a fronte delle oltre 76 milioni di dosi somministrate in Italia.
Bisogna fare chiarezza estrema su chi può fare il vaccino aggiornando le raccomandazioni (penso ad esempio alle donne in gravidanza) e i tamponi gratuiti vanno dedicati solo, e dico solo, a quelli che davvero non possono fare il vaccino. Calmierare i prezzi dei tamponi per coloro che non hanno controindicazioni all’inoculazione è una misura di buon senso per permettere ai lavoratori non ancora vaccinati di acquisire ulteriori informazioni e superare i timori e le diffidenze vaccinali. Il vero obiettivo deve essere il vaccino per tutti.
Abbiamo affrontato mesi difficilissimi di pandemia e rallentare la corsa proprio ora, quando siamo arrivati ad un punto chiave della campagna vaccinale, sarebbe un grave errore. Abbiamo visto, grazie all’impegno delle Ausl, che spostando la campagna vaccinale nelle piazze, nelle scuole, tra la gente abbiamo già recuperato tantissimi indecisi. Non fermiamoci. Impantanarsi in una discussione green pass no / obbligo vaccinale sì rischia di farci perdere di vista l’obiettivo finale. L’agenda Draghi: tornare alla normalità, mettere in sicurezza la scuola, garantire continuità ripresa dell’economia (inaspettatamente al 5.7% nel trimestre) e del lavoro, è l’agenda di chi vuol bene al paese.

Ottavia Soncini – Presidente Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna

*Lettera pubblicata sulla Gazzetta di Reggio il 18 settembre 2021

“Vaccinarsi vuol dire proteggere tutti”

Oggi sulla Gazzetta di Reggio ho provato a spiegare perchè dobbiamo vaccinarci tutti e perchè dobbiamo farlo al più presto.

I danni delle mancate vaccinazioni non possono ricadere sull’intera società, è una questione pubblica prima ancora che individuale, i non vaccinati per scelta rifiutano di assumere una misura di salute pubblica necessaria a tenere l’emergenza sotto controllo e ignorano la necessità di garantire l’equilibrio al sistema sanitario nazionale, vero architrave democratico e delle libertà individuali.Implementare la percentuale di vaccinati (oggi in Italia 28 milioni di persone pari al 47.4% della popolazione) e allargare l’uso del pass vaccinale sono due imperativi categorici per recuperare le nostre piene libertà. La variante Delta corre senza sosta e occorre agire in fretta, per evitare nuove chiusure, nuove quarantene, nuove saturazioni degli ospedali, nuovi ritardi nelle altre prestazioni sanitarie. In questo quadro critico è necessario vincolare le professioni a contatto con soggetti deboli (ragazzi, ragazze, bambine e bambini, ricoverati, persone inferme) alla vaccinazione, è una misura di rispetto sociale generale: su scuola e sanità la società ha il diritto di intervenire. Sono beni primari che vanno difesi, la Carta con gli articoli 16 e 32 ci consegna un solido riferimento normativo, la scienza ci offre i vaccini di nuova generazione che i dati raccolti ci dicono che funzionano e che sono molto più sicuri di qualsiasi altro vaccino utilizzato sino a oggi. Difenderli significa difendere i principali gangli di libertà e occorre erigere un muro di difesa, un muro che non può avere altri mattoni che i vaccini autorizzati.Tenuto conto dei risultati molto preoccupanti della didattica a distanza, la scuola deve tornare in presenza. Per evitare nuove chiusure non rimane altro che generare l’immunità di gregge in ogni classe, per dirla con Antonello Giannelli, Presidente Associazione nazionale presidi e diventa prioritario estendere l’uso del green pass per l’ingresso nelle scuole, con una forte azione di persuasione per completare l’immunizzazione del personale della scuola (a oggi risulta immunizzato il 75%) e, in extrema ratio, prevedere l’obbligo vaccinale. Green pass che in caso di recrudescenza pandemica non può non includere anche gli studenti delle secondarie. Le raccomandazioni delle istituzioni sanitarie e scientifiche internazionali sono rivolte anche ai ragazzi a partire dai 12 anni, ritardi, rinvii e reticenze immotivate possono rivelarsi oltremodo dannose e appare non rinviabile una diffusa campagna di sensibilizzazione, con il coinvolgimento delle istituzioni scolastiche e delle agenzie educative. L’obiettivo non negoziabile è la riapertura in presenza delle scuole, chiusure e didattica a distanza sono le vere riduzioni della libertà, sia attuali che future, dei nostri giovani.Le condizioni di sicurezza vanno garantite nelle strutture sanitarie e in generale nei luoghi pubblici frequentati da persone fragili, a fronte di un virus che continua a circolare con alta pervasività: se sono ricoverato in un ospedale, se ho un parente in una casa protetta come faccio a sapere se il medico che mi visita e l’operatore sanitario che assiste l’anziano sono no-vax? La società ha il diritto/dovere di proibire a un medico non vaccinato di esercitare la propria professione e/o di informare il paziente. Se un bimbo è immunodepresso può evitare di entrare in contatto con un insegnate no-vax? Un insegnante non vaccinato è un pericolo innanzitutto per gli studenti più deboli. Ormai è ampiamente noto, qualsiasi misura di contenimento e prevenzione non blocca completamente i contagi, ritornare ad un lockdown è impensabile, la vera sfida dei prossimi mesi è quella di mettere in sicurezza gli ospedali, le case protette, gli ambulatori medici, i centri diurni, le scuole e più in generale tutti i luoghi frequentati da fragili, immunodepressi e persone che non possono essere vaccinate. Per questo è indispensabile far crescere la percentuale degli immunizzati, non è libertà voltarsi da un’altra parte, non è libertà sentirsi esonerati e credere che ci penserà qualcun altro a vaccinarsi.La società può e deve impedire le esternalità negative di chi potrebbe danneggiare gli altri, la società deve richiamare i singoli a atti di responsabilità civile che servono a fermare l’emorragia di vite e di libertà.Vaccinarsi significa avere a cuore la propria salute e avere a cuore la salute degli altri, apartire dai più deboli e dai più fragili.