Tavolo sulle politiche per l’infanzia alla Leopolda

Da reggiana partecipare alla Leopolda al tavolo sulle politiche per l’infanzia ha voluto dire portare l’esperienza di Reggio in primis e dell’Emilia-Romagna come si sono consolidate e come stanno cambiando negli ultimi anni.

Se in Italia solo il 49,9% delle donne tra i 20 e i 64 anni ha un lavoro e il 22,7% delle donne occupate lascia il lavoro dopo la gravidanza, nella nostra regione il tasso di occupazione femminile è sopra al 60%, obiettivo indicato dall’Europa nella strategia di Lisbona. Merito anche della diffusione dei servizi per la prima infanzia che offrono una copertura pari al 33,7% della potenziale domanda e che in questi ultimi anni, complice la crisi, ha addirittura superato la domanda effettiva di posti.

L’Emilia-Romagna ha costruito un sistema di servizi 0-6 anni basato su due principi: il valore educativo e la conciliazione dei tempi casa lavoro. I soldi spesi negli asili sono una voce di spesa che garantisce un servizio indispensabile in una società che vuole costruire il futuro partendo dalle scuole; a Reggio abbiamo eccellenze come Reggio Children, senza dimenticare il pregio di piccole realtà meno conosciute che esprimono in pienezza la vocazione educativa della nostra città.

La sfida di oggi è quella di adeguare i servizi alla mutata situazione economica, ma anche ai cambiamenti e alla maggiore flessibilità delle esigenze e degli stili di vita. Per quanto riguarda i servizi da 0-3 anni la Regione Emilia-Romagna è intervenuta nel 2012 con una legge di riforma che apre a nuove tipologie di servizio diverse dall’asilo d’infanzia tipico: nidi part-time, micronidi, sezioni aggregate alle scuole d’infanzia, servizi domiciliari e piccoli gruppi educativi. Sono stati allentati alcuni vincoli permettendo maggiori possibilità di risposta a costi più contenuti ma è stato preservato il carattere educativo dei servizi con l’obbligo di rimanere dentro al coordinamento pedagogico da parte di tutti i soggetti, compresi i piccoli gruppi educativi.

Rispetto alle scuole d’infanzia, sono due i dati da tenere presenti: da un lato la scuola d’infanzia sta diventando in Emilia-Romagna ormai scuola dell’obbligo, visto che è frequentata dal 93 % dei bambini tra i 3 e i sei anni; dall’altro abbiamo un sistema integrato che vede solo un 47% di scuole statali, molto al di sotto della media nazionale, una forte presenza di scuole comunali, 21%, ed una presenza ancora più forte di scuole private, Fism, circa il 32%.

Ho ricordato, al tavolo, che la Regione Emilia Romagna è intervenuta su due fronti: in primo luogo incentivando aggregazioni di strutture che qualificano ulteriormente il sistema con un finanziamento annuo di 994.000 euro. In secondo luogo, alle scuole paritarie vengono chiesti la partecipazione ai coordinamenti pedagogici, il rispetto di standards relativamente al numero d’inserimento dei bambini disabili, degli immigrati, standards di qualità nel rapporto educatore/bambino e il rispetto del contratto di lavoro.

In questo quadro si è lavorato, consolidando il sistema integrato, in termini di garanzie e di qualità, ma esiste un problema di mancato impegno da parte dello Stato, rispetto, essenzialmente, alla dotazione organica della scuola.