Ha visto una grandissima partecipazione l’incontro di questa mattina con don Luigi Ciotti alla sala Casini del Centro giovani: c’erano gli studenti di 10 classi dell’istituto Gobetti, diversi rappresentanti di Libera, esponenti della giunta e del Consiglio comunale, il sindaco Alessio Mammi, gli operatori del centro e tanti cittadini.
Sono state parole importanti e profonde quelle dette da don Ciotti, rivolte soprattutto ai ragazzi: “Le mafie non sono lontane da noi. La mafia è radicata nel nostro paese da decenni, sono 400 anni che parliamo di camorra, 150 anni che parliamo di mafia, 120 che parliamo di ndrangheta. In forme diverse e pur cambiando oggetto, la criminalità resiste e trova nuovi mercati. E’ importante conoscere questi aspetti per diventare persone responsabili, non possiamo vivere di notizie di seconda mano. La forza della mafia non sta dentro alle mafie ma fuori: i mafiosi si avvalgono di professionisti, di parti del corpo sociale, di deputati, di politici. E’ la storia di ieri e di oggi. Voi siete bravi ma siate capaci di sentire dentro di voi la curiosità”.
Don Ciotti ha anche risposto a numerose domande rivolte dai ragazzi, a partire dai motivi del suo impegno contro le mafie: “Ho iniziato a 17 anni: andando a scuola mi aveva colpito un signore che viveva sulla panchina con 3 cappotti addosso. Passando con il tram lo vedevo tutti i giorni, quella era la sua casa, aveva un sacco come coperta e leggeva sempre dei libri. Un giorno sono sceso e gli ho chiesto se voleva un caffè, ma lui non ha risposto e a quell’età era dura e mi sentivo timido e in difficoltà. Gli ho chiesto se voleva un tè, ma ancora nulla. Testardo io e testardo lui. Se una cosa sentite che è giusta vi auguro di non mollare mai. Quest’uomo era un medico, un bravissimo medico. Ma la tempesta della vita può arrivare improvvisa. Ho continuato a scendere dal bus e a fargli compagnia ed è nata un’amicizia. Lui si era accorto da quella panchina che al bar di fronte c’erano dei ragazzi che prendevano medicine e le associavano all’alcool per una bomba micidiale. Mi ha detto che lui era vecchio e non poteva fare nulla ma ha chiesto a me di fare qualcosa. Un giorno andando a scuola non l’ho più visto. Il mio amico era morto. Così ho iniziato a frequentare quel bar anche con amici e dopo tre anni è nato il gruppo Abele. Il Gruppo Abele non è Don Ciotti, è un noi”.
E sulla storia di Libera ha raccontato: “Nasce dopo le stradi siciliane di Capaci e via D’Amelio, è un coordinamento di 1600 associazioni di tutto il mondo, dalla Colombia alla Svezia, dall’Europa all’America.E’ importante mettere insieme forze diverse. E’ il ‘noi’ che vince. E’ giusto chiedere il cambiamento ma il cambiamento ha bisogno di noi. L’Italia non è liberata ancora del tutto, le mafie non ci rendono liberi. Ci vuole resistenza etica, dobbiamo chiedere ad ognuno di noi di fare la propria parte. Richiamo la vostra attenzione sulla Giornata del 21 marzo dedicata ai famigliari di tutte le vittime di mafia. Quest’anno si terrà a Bologna, venite, organizzatevi. Nel bisogno di fame e giustizia non ci deve essere divisione. Dobbiamo dare un segnale a questo paese che non vogliamo andare avanti così. Ma non dimenticate mai di riempire di vita la vita e non dimenticate mai che la speranza o è di tutti o non c’è speranza”.