Con il referendum costituzionale dell’autunno 2016 ci verrà chiesto: “Volete voi approvare?…”. La mia risposta sarà Sì. Non vi è un quorum da raggiungere, chi andrà a votare deciderà per tutti. La scelta riguarderà modifiche importanti: fine del bicameralismo perfetto e Senato dei 100, novità sulle leggi di iniziativa popolare, introduzione del referendum propositivo e di indirizzo, abolizione del Cnel e delle Province, nuovo rapporto tra Stato e Regioni. Dico Sì a un nuovo Senato, luogo adatto a includere le Regioni nell’ assetto istituzionale, poiché così potranno partecipare alla formazione delle politiche pubbliche e saranno stimolate a confrontarsi l’una con l’altra. Sarà superata la Conferenza Stato-Regioni, un raccordo, ora, senza vincolo né giuridico né politico sull’attività legislativa di Governo e Parlamento. Centrale è la riscrittura del Titolo V: significherà mettere fine alle “materie di competenza concorrente” che hanno trasformato i conflitti di attribuzione fra Stato e Regioni nel maggior numero di cause che la Corte costituzionale ha sciolto negli ultimi anni. Una Corte costituzionale bloccata dai contenziosi, dovuti all’assenza di compartecipazione nella decisione delle leggi, significa tempo e denaro spesi male. Finalmente si mette la parola fine a troppi anni di federalismo pasticciato, la riforma ci dice: questo lo fa lo Stato e questo la Regione. Dico Sì alla libertà nella gestione del bilancio che le Regioni avranno, ma con l’obbligo di perseguire l’equilibrio di bilancio. Le Regioni virtuose nei conti pubblici potranno chiedere allo Stato di avere una speciale autonomia in ambiti specifici. Non dovremo più assistere allo spettacolo tutto italiano che vede Regioni virtuose, costrette a barcamenarsi per rispettare vincoli di bilancio, accanto ad altre in profondo dissesto economico che spendono soldi pubblici in modo allegro. Ai nuovi Senatori non spetterà alcuna indennità per l’esercizio del mandato, perciò dico Sì alla riduzione dei costi della politica: con l’approvazione del referendum, tutte le Regioni saranno obbligate finalmente ad adeguare lo stipendio dei Consiglieri regionali a quello del Sindaco del comune capoluogo dì Regione; la Regione Emilia Romagna ha già provveduto. Dobbiamo adattare gli strumenti di partecipazione e di democrazia al tempo in cui viviamo: con il Sì al referendum, una legge di iniziativa popolare ben sostenuta dai cittadini (150.000 firme) dovrà essere esaminata obbligatoriamente dalla Camera; la politica non potrà più ignorare e nemmeno, come talvolta è successo, insabbiare le questioni poste dagli Italiani. Forte è infine il dibattito su un eventuale deficit di democrazia dovuto all’eliminazione dell’elezione diretta dei Senatori. Occorre raccontarci la verità: veramente crediamo che oggi il legame Senatore/cittadino sia più forte di quello che intercorre tra l’elettore e il Consigliere regionale di riferimento? I 100 Senatori rappresenteranno le istituzioni territoriali: 74 Consiglieri Regionali, 21 Sindaci e fino a 5 Senatori di nomina del Presidente della Repubblica. La forma di governo rimane quella parlamentare con un rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento, ma con questa riforma potremo trovare il giusto equilibrio tra un Governo stabile, quindi capace di realizzare un programma di mandato, e un Parlamento in grado di funzionare dando voce alle minoranze, senza che ciò comporti il blocco dei lavori parlamentari. Immagino che il bello della riforma costituzionale sarà il confronto con i cittadini ed il loro ritrovato interesse anche per quello che la politica degli ultimi due anni, con il Governo Renzi, sta facendo per l’Italia. Per queste ragioni dico e voterò Sì.