“Aumentare il fondo regionale per la non autosufficienza e garantire qualità ed efficienza della rete delle Cra consolidando i servizi esistenti e aumentando la sicurezza”

Nel pieno della seconda ondata dei contagi da Covid-19, che con preoccupazione investe tante residenze per anziani e non autosufficienti anche nella nostra Regione, l’Assemblea Legislativa regionale ha approvato all’unanimità una risoluzione presentata dalla Presidente della Commissione Sanità, la consigliera Pd Ottavia Soncini, e dalla collega Francesca Maletti. Il documento, appoggiato da tutta la maggioranza, chiede che la Regione dia maggiore sostegno alle Case Residenza, considerate le molte difficoltà che stanno fronteggiando.

“Le residenze per persone anziane e non autosufficienti hanno visto un calo delle entrate e al contempo hanno dovuto fare fronte a notevoli spese per garantire più alti livelli di sicurezza e controllo sulla diffusione del contagio da coronavirus. Hanno avuto inoltre difficoltà a recuperare personale formato” premettono Soncini e Maletti.

“Dovremo costruire per il futuro – sottolineano le consigliere regionali Pd – forme più leggere di residenzialità: appartamenti e condomini protetti e accessibili con spazi comuni, co-housing e maggiori servizi di assistenza domiciliare. Sarebbe però utopistico affermare di poter fare a meno dei servizi residenziali: di residenzialità c’è ancora molto bisogno per rispondere alle persone con elevati bisogni sanitari”

Il calo demografico, le caratteristiche della popolazione anziana, con bisogni assistenziali e sociosanitari sempre più elevati, e la composizione e struttura delle famiglie che caratterizzano l’attualità ce lo impongono. Le Cra devono essere luoghi di cure e di vita e somigliare il più possibile a soluzioni familiari per i nostri anziani non-autosufficienti.

“Il documento, e siamo soddisfatte che abbia trovato il consenso di tutto il Consiglio regionale, pone l’accento sul fatto che la realtà è molto composita. – spiegano Soncini e Maletti – Ci sono Cra a gestione comunale e Cra gestite da Asp, da cooperative sociali, da privati, da fondazioni, da enti religiosi. Impegniamo la Giunta a confermare tutte le misure di prevenzione anti-Covid già messe in campo nelle strutture sociosanitarie, a proseguire in tutte le azioni di sostegno finanziario intraprese quali il sostegno alle spese per l’acquisto di DPI e dei costi di sanificazione, alla remunerazione sia per i gestori pubblici che privati della quota sanitaria per i posti non utilizzati. Chiediamo infine di valutare di aumentare le risorse del Fondo regionale per la non autosufficienza anche se è già tra i più alti a livello nazionale, per consolidare i servizi esistenti, adeguandoli ai maggiori livelli di sicurezza richiesti”.

«Abbiamo bisogno di stare in comunità. Inventiamo nuovi modi per farlo»

Ho letto con attenzione la lettera del vescovo Massimo Camisasca ai sacerdoti e diaconi della nostra diocesi. Mi ha colpita. Ho ripensato a quei mesi del lockdown nei quali la comunità si è mostrata nella sua indispensabilità proprio nel momento in cui è venuta a mancare.

Tutti noi abbiamo compreso che non siamo individui, ma siamo costituiti da parti che sono le nostre relazioni e che ci è impossibile pensarci singolarmente. L’esperienza di vulnerabilità avuta nel lockdown ci ha ricondotti ad una somiglianza straordinaria nella nostra condizione (paura di ammalarsi, confinamento in casa…) ma non eravamo uguali (differenza di classe, di fragilità, di provenienza geografica). Eravamo simili nella vulnerabilità. E la risposta a quella vulnerabilità non poteva che essere comune. “Nessuno si salva da solo” ha detto Papa Francesco. Concretamente non possiamo anche oggi pensarci singolarmente invulnerabili a prezzo della vulnerabilità di qualcun altro.

La risposta alla pandemia o è comunitaria o non è. Dipende dal comportamento che ciascuno di noi ha (gel, mascherina, distanza fisica) rispetto agli altri. Inoltre, ci sono persone più fragili di altre che hanno bisogno di essere sostenute, accompagnate: il volontariato sociale e sanitario, la protezione civile sono state indispensabili. Ricordiamo tutti le canzoni dai balconi, quei balconi che sono diventati surrogati di comunità, da lì abbiamo cantato, abbiamo calato ceste per il cibo e per i farmaci. Qualcuno li ha chiamati “serenata per la democrazia”. Era una impresa troppo grande per essere vissuta da soli e la gestione della emergenza è avvenuta ad emergenza ancora in corso, per questo dovevamo metterci insieme, fare comunità. La vulnerabilità (vulnerabilis- abilis) ci ricorda che tutti siamo potenzialmente soggetti a ferite, questa parola apre alla potenzialità della nostra fragilità e tutto ciò apre alla cura. Pensare a sè come vulnerabili significa pensare a una forma di cura che è più aperta, partecipata. Bene fa il vescovo a cambiare la narrazione, abbiamo bisogno di sentire parole diverse, nuove: relazioni, reciprocità, piacere della comunità come elemento caldo dello stare insieme. Non sappiamo cosa ci aspetta, la politica è insicura dice il vescovo, è vero.

La politica è fatta di uomini. La politica sta ascoltando la comunità tecnica, medica e scientifica che chiede giustamente attenzione, prudenza, responsabilità. Ma siccome la politica deve proteggere e provvedere io mi sento, oggi, di raccogliere le parole del vescovo e di dire che abbiamo bisogno delle nostre comunità, di relazioni, ma soprattutto abbiamo bisogno di stare vicino come cittadini a coloro che rischiano di rimanere ancora di più ai margini: anziani, persone disabili, sofferenti psichici, persone segnate da dipendenze, bambini spesso considerati cittadini di serie B. Inventiamo modi nuovi di vivere il nostro essere comunità e il nostro essere fatti di relazioni. La salute mentale ed emotiva, oltre a quella fisica, alla politica sta a cuore. La speranza non manca perché nella nostra terra siamo pieni di energie e risorse che possono essere alimentate e io so che la politica ha bisogno delle energie e risorse del territorio per affrontare questo momento difficile.

“Qual è la situazione per la ripresa dei tirocini finalizzati all’inclusione sociale di persone con disabilità?”

La Presidente della Commissione Politiche per la Salute e Sociali richiama i progetti introdotti in Emilia-Romagna dalle l.r. 1/2019 destinati a persone con una particolare vulnerabilità e fragilità e in una condizione di occupabilità complessa.

Dal 13 marzo i tirocini extracurriculari, così come tutte le attività formative, sono stati sospesi a causa dell’emergenza sanitaria. Un’ordinanza del Presidente della Regione Stefano Bonaccini aveva disposto la loro riattivazione a partire dal 18 maggio.

Ottavia Soncini, Presidente della Commissione Politiche per la Salute e Sociali dell’Emilia-Romagna ricorda che “stanti le misure anti-Covid, vennero sospesi anche gli specifici tirocini previsti dalla legge regionale 1 del 2019 finalizzati all’inclusione sociale di persone con disabilità. Sono progetti di orientamento, formazione e inserimento o reinserimento destinati a persone che hanno una particolare vulnerabilità e fragilità e sono in carico ai servizi sociali o sanitari”.

Con un’interrogazione rivolta alla giunta, la consigliera Soncini intende sapere quale sia la situazione di ripresa dei tirocini finalizzati all’inclusione sociale di persone con disabilità e più in generale quali siano i risultati della legge a un anno e mezzo dalla sua approvazione, quali siano le buone pratiche consolidate nei territori e cosa si stia facendo per facilitare l’incremento della disponibilità di contesti accoglienti.

“L’inclusione occupazionale delle persone con disabilità costituisce una leva strategica per l’affermazione del valore della diversità nei differenti contesti della società e come potenziale per la sperimentazione di nuovi modelli organizzativi. – sottolinea la consigliera Soncini – Le cittadine e i cittadini destinatari dei tirocini di orientamento, formazione e inserimento o reinserimento finalizzati all’inclusione sociale sono caratterizzati di norma da una condizione di occupabilità complessa, dettata da una molteplicità di differenze in termini di maturazione sia di competenze prestazionali che relazionali. Risulta quindi fondamentale sia il contesto di accoglienza, sia la possibilità di avere condizioni e modalità di svolgimento del tirocinio flessibili, adattabili alla persona. Per questo penso sia opportuno verificare quali siano i punti di forza e quali le eventuali criticità della nostra legge regionale, anche alla luce delle aggravanti che la pandemia ha inevitabilmente comportato”.

Il mio intervento per “Il Rolino”

Pubblicato il 1 agosto 2020 su “Il Rolino”, periodico mensile di informazione a cura del Circolo Pd di Rolo

Oggi siamo tentati di dimenticare e metterci alle spalle questi ultimi difficili mesi dai quali siamo usciti grazie alla medicina, al distanziamento fisico e alla responsabilità individuale. Nella nostra provincia, nella nostra Regione, abbiamo affrontato la pandemia facendo leva su due grandi oggetti di valore. Il primo, il nostro sistema sanitario universalistico basato su strutture tendenzialmente pubbliche, ci ha consentito di avere uno sguardo di sistema sulla qualità delle prestazioni e sulle cose fatte. Accanto a ciò, la disponibilità e la forza di una grande infrastruttura pubblica che può organizzare il servizio di prevenzione, profilassi, analisi e risposta. Un sistema sanitario che in questi decenni ha investito negli ospedali e nella sanità del territorio. Mi auguro che dopo questa esperienza si sia definitivamente compreso cosa significhi, in termini di garanzie per la salute di una comunità, una sanità pubblica forte ed un sistema universalistico. Il secondo oggetto di valore è quello dei servizi sociali in senso ampio e l’aiuto delle comunità. Abbiamo vissuto un paradosso: le istituzioni hanno chiesto una prova di cittadinanza individuale e nello stesso tempo collettiva. Le persone hanno dovuto responsabilmente confinarsi in casa e contemporaneamente rendersi conto di quanto sia indispensabile la relazione tra le persone. Si è infatti scatenata una gara di solidarietà fatta da volontari della protezione civile, scout Agesci, volontariato sanitario e socio-assistenziale, empori solidali. Il terzo settore, dal volontariato, all’associazionismo di promozione culturale, alla cooperazione sociale costituiscono infrastrutture fondamentali per la coesione sociale della nostra regione e hanno dimostrato di esserci sempre. Questa pandemia ha legato noi tutti in una “comunità di destino”. Eppure, oggi stiamo vivendo un momento particolare nel nostro rapporto con la pandemia. Eravamo convinti che i sacrifici di questi mesi fossero stati sufficienti. Quello che invece appare evidente oggi, è che il virus non si sta fermando a livello mondiale e che dovremo abituarci al prolungamento delle misure di sicurezza sanitarie almeno fino a fine ottobre, all’incertezza per il lavoro, alla distanza da tante persone. È probabile che in alcuni momenti ci faremo prendere dallo scoramento e, in altri, dalla rabbia comprensibile per la perdita di sicurezze sanitarie, sociali, occupazionali. Avremo bisogno di pazienza, generosità e tenacia.  

Il Covid-19 ci ha fatto capire che possiamo migliorare la sanità di eccellenza dell’ Emilia-Romagna. Serve una svolta a favore della sanità del territorio: case della salute, assistenza domiciliare, medicina di gruppo, ospedali di comunità, infermieri di comunità. Credo fortemente che la sanità, oltre a fondarsi sul pilastro ospedaliero, dovrà sempre più fondarsi sul pilastro fatto di assistenza decentralizzata e diffusa sul territorio con le reti e i legami di comunità. La chiave di questo secondo tipo di intervento è la relazione di cura e accompagnamento, la qualità di vita, delle relazioni e la generatività. Un diffuso sistema di servizi di comunità dove ogni cittadino possa ambire a rimanere nel proprio ambiente abitativo, relazionale e culturale, anche quando non è più autosufficiente. Al di là di ogni retorica, insisteremo molto in Emilia-Romagna sull’integrazione territorio-ospedali e socio-sanitaria. Più investiamo sul sociale e più aiutiamo la sanità, più investiamo sulla domiciliarità, sulla presa in carico, sulla prossimità e su percorsi di autonomia più preveniamo le fragilità. 

I fondi europei del Recovery Fund e del MES saranno per noi fondamentali. La maggior parte delle risorse del Recovery fund, chiamato patto generazionale per le prossime generazioni UE, sono trasferimenti sotto forma di contributi diretti. Ora il nostro paese insieme a Regioni e territori deve scrivere un piano per indicare le priorità: dalla lotta al cambiamento climatico, al recupero di posti di lavoro con una attenzione particolare a giovani e donne, alla tassa digitale, alla solidarietà verso i paesi più colpiti dalla Pandemia. I 2 o 3 miliardi di euro che arriverebbero all’Emilia-Romagna attraverso il MES, necessari perché disponibili subito, senza condizionalità se non quella di utilizzarli per la sanità, potrebbero essere impiegati per assumere personale, strutturare gli specializzandi, creare nuovi ospedali e sistemare quelli esistenti, nuove Case della Salute, acquistare tecnologie e macchinari. È il momento di agire e di guardare avanti sfruttando al meglio queste risorse per la sanità ed il welfare della nostra regione. 

Questa crisi è simmetrica perché la pandemia ha colpito tutti i Paesi, ma ha avuto e avrà effetti asimmetrici perché ha indebolito ancora di più le fasce vulnerabili della popolazione: i giovani, le donne, le persone con disabilità, i bambini, le persone anziane. È molto presto per interpretare quello che sta avvenendo, abbiamo bisogno di un silenzio operoso: il silenzio di chi studia e di chi ascolta, il silenzio di chi cerca di conservare il lavoro, il silenzio di chi si adopera perché le scuole riaprano al meglio e perché i bimbi che nascono siano accolti come una ricchezza da tutta la comunità. 

Ottavia Soncini – Presidente della Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna 

“Infermieri di comunità: la Regione ne riconoscerà ruolo e professionalità a favore della sanità del territorio”

“In Assemblea Legislativa è stato approvato un atto di indirizzo, a mia prima firma sull’importanza dell’infermiere di comunità: si tratta di una vera svolta a favore della sanità del territorio”. Lo dichiara con soddisfazione la consigliera Pd Ottavia Soncini, Presidente della Commissione Politiche per la Salute e Sociali in Regione Emilia-Romagna.
“Il Decreto rilancio, convertito in legge, consente l’investimento di nuove risorse per la riorganizzazione della sanità del territorio, attraverso l’assistenza domiciliare integrata, gli infermieri di comunità, il potenziamento delle USCA. In sostanza sono 9.600 nuove assunzioni a livello nazionale che rappresentano un’ ottima possibilità di lavoro in un settore, quello sanitario, che ha bisogno di un potenziamento della medicina del territorio. – ricorda Soncini che prosegue – Case della salute, medici di medicina generale, assistenza domiciliare, infermieri, ospedali di comunità per noi costituiscono elementi importanti”.
“Con questo atto diciamo che la Regione renderà operativa l’introduzione di questa figura professionale definendone compiti, ruoli e attività. – sintetizza la Presidente della Commissione regionale Sanità – Gli infermieri, che affiancano i medici di medicina generale, conoscono la situazione delle famiglie fragili, assistono e supportano le persone anziane e con patologie croniche”.
“È importante applicare subito questa innovazione e dare spazio il più velocemente possibile alla nuova figura, anche prevedendo percorsi formativi ad hoc diffusi in una regione come la nostra, che ha sempre investito nell’assistenza domiciliare con buoni risultati. La sanità pubblica ha fatto uno sforzo immane, ora serve far lavorare insieme infermieri e medici e cooperare con persone, famiglie e comunità per promuovere e proteggere la salute dei cittadini. – conclude Soncini – Su questo atto di indirizzo, abbiamo trovato comunità di intenti tra forze politiche diverse, nell’interesse esclusivo dei cittadini”.

Vaccini antinfluenzali, l’Emilia-Romagna fa scorta. Soncini: “Non dovremo farci trovare impreparati al rischio di una sovrapposizione tra la sindrome influenzale stagionale e Covid-19”

Ottavia Soncini, presidente della Commissione per le Politiche della salute e del sociale dell’Emilia-Romagna, commenta la risposta dell’assessorato alla sua interrogazione del 21 maggio sul tema dei vaccini antinfluenzali: “Bene fa la Regione a fare scorta di un maggiore numero di vaccini antinfluenzali già di per se’ importanti per ridurre le complicazioni e la mortalità data dall’influenza. In questo particolare momento proteggere le persone anziane, che sono le più esposte agli effetti del Covid-19, gli operatori sanitari, le donne in gravidanza e le persone ad alto rischio di tutte le età, serve a indirizzare la diagnosi e la gestione dei casi sospetti, dati i sintomi simili tra Covid-19 e influenza”.

“Vaccinando contro l’influenza, inoltre, si riducono le complicazioni che questa può comportare nei soggetti a rischio e gli accessi al pronto soccorso. Non dobbiamo farci trovare impreparati all’autunno e al rischio di una sovrapposizione tra la sindrome influenzale stagionale e Covid-19. – ritiene Soncini, che aggiunge – Ritengo fondamentale non abbassare la guardia sulle vaccinazioni sia obbligatorie che raccomandate e promuovere nella popolazione, per la peculiarità di questa fase, la vaccinazione antinfluenzale e anti pneumococcica, così come suggerito dall’Oms e dalle principali società scientifiche, nonché dal Ministero della salute”.

La consigliera democratica allarga il ragionamento all’infanzia: “La politica deve ricordarsi sempre anche dei più piccoli: nell’ambito di questa campagna è importante approfondire ogni aspetto al fine di predisporre e ampliare la vaccinazione antinfluenzale per i bambini, ancora di più nella #fase2 per proteggerli dalle complicanze polmonari e dalle sovrapposizione tra sintomi influenzali e #COVID19. Tutto questo dovrà avvenire in accordo con le organizzazioni sindacali dei pediatri di libera scelta e studiando modalità organizzative nuove. Sono a favore di tutte le iniziative che mettono al centro i bambini e le bambine, in questo tempo troppo dimenticati, perché pensare a loro significa pensare al futuro”.

Fondo Sociale: dalla Regione quasi 50 milioni ai territori

49,3 milioni di euro per finanziare il fondo regionale per le politiche sociali: un pacchetto di risorse che la Regione Emilia-Romagna destina a Comuni e Unioni di Comuni per garantire il funzionamento dei servizi sociali e sociosanitari, di cui 5,3 milioni verranno destinati alla provincia reggiana.

“Si tratta di risorse importanti – dichiara Soncini – in un momento in cui gli Enti locali sono impegnati in prima linea e il sistema dei servizi sociali è chiamato a fare i conti con vecchi e nuovi bisogni”.

Il via libera alla proposta di programmazione e ripartizione delle risorse per il 2020 presentata dalla Vicepresidente Elly Schlein è arrivato oggi in Commissione Politiche salute e Politiche sociali, presieduta dalla Presidente Ottavia Soncini. Come lo scorso anno, la Regione ha deciso di destinare l’intera quota nazionale al rafforzamento degli interventi a favore di bambini, adolescenti e famiglie con figli.

“Abbiamo riposizionato il fondo tenendo conto della crisi determinata dal Covid-19- interviene Soncini- prevedendo un’attenzione specifica al contrasto alla dispersione scolastica, alla povertà minorile, educativa e relazionale e alle comunità e strutture residenziali per minori in prima linea in questa emergenza. Questa è una crisi simmetrica, che ha interessato tutti i Paesi, ma con effetti asimmetrici perché ha indebolito ancora di più le fasce deboli della nostra popolazione. Le famiglie negli ultimi anni sono state al centro di profondi cambiamenti sociali, culturali, demografici ed economici ora rischiano di aggiungersi nuove dimensioni di vulnerabilità dovute ad un abbassamento delle condizioni di reddito, alla perdita di posti di lavoro, alla diminuzione di opportunità, ma anche una minore fiducia delle giovani generazioni verso il futuro. La situazione richiede il massimo sforzo amministrativo e di sapere dare risposte in fretta; i servizi pubblici, in particolare sociali, sanitari ed educativi, faranno la loro parte nella realizzazione di progettualità innovative che mettano al centro la persona e le sue fragilità a partire dal contrasto a forme di disagio ed esclusione sociale che potrà avere effetti nel medio e lungo periodo. Andrà monitorato il rischio forte di penalizzazione delle donne e dei giovani nel mondo del lavoro”. Conclude Soncini “dovremo essere molto attenti alle persone in difficoltà economica che non rientrano nelle misure di sostegno al reddito ordinario e straordinario di livello nazionale ed europeo.”

“Contro il Covid occorre testare, tracciare e trattare” – Il mio intervento sul Gazzettino Santilariese

Pubblicato sul numero di maggio 2020 sul Gazzettino Santilariese

In questa nuova fase, oltre al continuo monitoraggio del contagio, è importante avere una linea chiara. Serve applicare la regola che io chiamo delle tre “T”: testare, tracciare e trattare. 

Testare nel senso di fare tamponi e test, purché omologati grazie ad un protocollo scientifico validato dalla Regione. Per usare una metafora il test scatta un’istantanea e ci dice se la persona è positiva o no in quel momento, mentre il test sierologico permette di ricostruire il “film” immunologico degli ultimi 15-20 giorni. Ecco perché la Regione ha scelto di fare uno screening sierologico di tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari. Dal 18 maggio sarà possibile eseguire fino a 10.000 tamponi al giorno per i sintomatici e per i privati cittadini, richiedere test sierologici presso laboratori accreditati per esigenze lavorative o altre motivazioni valutate dal medico richiedente. 

Tracciare nel senso di isolamento contenitivo: appena sei positivo qualcuno ti chiama e ti chiede quante persone hai visto e chi sono. Queste persone vanno chiamate, isolate e devono essere seguite e assistite anche se stanno bene. Quando il tampone sarà negativo potranno uscire. 

Trattare nel senso di gestire i casi di positività non gravi nella maniera più adeguata, che può anche significare lo spostamento in albergo o in altro luogo se non ci sono le condizioni di un isolamento a casa che tuteli gli altri componenti della famiglia.  

Queste tre “T” ci consentono di avere una prima linea di difesa, che può evitare l’ospedalizzazione. 

Questa è l’infrastruttura di contrasto al coronavirus nel momento in cui dobbiamo conviverci per evitare una nuova ondata di diffusione del virus stesso. Non si sconfigge il Covid con un’ APP, servono supporto e servizio umano e una tutela a distanza, non solo un algoritmo e delle faccine nel telefono che si illuminano di rosso. Le persone vanno seguite, difficile immaginare uno che si alza alla mattina e tutto tranquillo si auto isola perché lo schermo diventa rosso. Magari è un padre di famiglia che deve andare al lavoro, un precario o una persona che non ha uno spazio domestico per isolarsi. Non facciamo mancare il supporto umano.  

Ricordiamoci che è il tempo della responsabilità individuale e collettiva e la Libertà tornerà quando ci saranno farmaci sicuri e vaccino. Prima di questo momento dobbiamo fare e fare bene. 

“La sanità dovrà modellarsi sui pazienti e va aperta la strada per la telemedicina”. La mia risposta all’appello lanciato dal Vescovo Camisasca

Ho risposto all’appello lanciato dal nostro Vescovo sul futuro di Reggio Emilia. Qui trovate il mio intervento, pubblicato sulla Gazzetta di Reggio, in cui affronto il tema della sanità. 

La consapevolezza di tutti, una volta vinta la battaglia contro il Covid, è che da questa esperienza dovremo imparare quali sono i punti  di forza e le criticità del nostro sistema sanitario. Due certezze dovranno rimanere: la Sanità pubblica dell’Emilia-Romagna, che rappresenta non solo un diritto ma un motivo d’orgoglio, perché  basata sul principio di prendersi cura di chiunque abbia bisogno senza lasciare indietro nessuno, e una Sanità del territorio. Per il futuro sarà necessario identificare nuove frontiere della Sanità e la stessa politica dovrà guidare questa innovazione, avendo l’umiltà di costruirla con il contributo delle esperienze e delle competenze più preziose. Bisognerà ripartire ripensando al sistema delle cure ospedaliere e al loro potenziamento, alla riorganizzazione sul territorio dei medici di medicina generale fornendo loro personale e adeguate tecnologie per potenziare i servizi di prevenzione. In questa emergenza, abbiamo capito come si possa reggere l’urto di una pandemia attraverso l’eccellenza dei reparti ospedalieri della Sanità Pubblica e della Sanità Privata Accreditata, ma la vittoria sul virus avverrà sul territorio attraverso la tempestiva presa in carico dei contagiati. È quindi evidente come il perno intorno a cui dovrà ruotare il progetto di innovazione del nostro sistema sanitario sia quello di una visione comunitaria ed integrata delle cure, sanitarie e socio-sanitarie. Il fulcro del mio impegno è quello di sostenere ed investire in un’assistenza territoriale coordinata e integrata dal punto di vista sociale e socio-sanitario, per un sistema più vicino ai cittadini e ai professionisti e che sia quindi espressione delle nostre comunità e dei nostri territori. Un sistema che miri a prevenire le fragilità e sostenga le famiglie, monitorando a tappeto le condizioni di salute sul territorio per produrre azioni concrete che facciano fronte ad una situazione critica, che non può trovare risposta solo a livello ospedaliero, ma anche in avanzati presidi sanitari territoriali per la prevenzione e le cure primarie. In quest’ottica, acquista ancor più valore l’approvazione nella scorsa legislatura della legge sulla prevenzione sanitaria e le conseguenti risorse stanziate. Un tema che non potrà essere sottovalutato e, anzi, andranno sensibilizzati i cittadini sempre più nell’ottica di mantenere corretti stili di vita. Non meno importante la strada della telemedicina, sulla quale l’Italia è stata pioniera anche attraverso l’utilizzo della tecnologia e che rappresenta uno dei pilastri del patto per la sanità digitale e del piano nazionale cronicità. La pandemia ci sta insegnando che le tecnologie hanno un ruolo fondamentale anche in campo sanitario laddove, limitando i contatti con pazienti potenzialmente infetti, si riduce drasticamente il rischio del contagio. Anche in tempi normali la tecnologia potrà essere un valido alleato nella medicina, basti pensare al ruolo virtuoso che possono giocare, nella gestione della cronicità, i controlli a distanza dei parametri vitali per persone che hanno difficoltà a deambulare, oppure al risparmio di tempo che può garantire la “banale” spedizione via mail di una ricetta. La “televisita” ovviamente non sostituisce una visita vera, ma la integra come primo o secondo livello di controllo. Nell’imminente futuro occorrerà sempre più passare dalla diagnosi alla prestazione. In questa direzione e in un’ottica di efficienza a Reggio si è lavorato all’equipe itineranti, per far sì che anche i pazienti dei piccoli ospedali possano essere operati con la stessa garanzia di professionalità. Il risparmio economico ha consentito l’aumento dell’assistenza domiciliare, in modo che il primario della riabilitazione si possa recare a casa dei pazienti che ne hanno bisogno. Il 60% del budget sanitario di Reggio Emilia è speso per le cure territoriali e questo consente di avere risorse anche per l’assistenza infermieristica domiciliare e per le cure palliative. Nel nostro territorio non è il paziente che rincorre la struttura, ma è la struttura che offre dei servizi che si modellano attorno alle esigenze del paziente. Altra priorità, alla quale non possiamo sottrarci, è l’investimento sul capitale umano. Mi riferisco alla carenza di medici e all’imbuto delle scuole di specializzazione che va superato, allo sblocco del turnover, ad un forte investimento nelle borse di studio e alla valorizzazione del personale. Inoltre, è necessario lavorare sempre più sul settore biomedicale per rendere il nostro territorio sempre più competitivo a livello mondiale. A livello nazionale dobbiamo costruire delle reti analogamente a quanto si è fatto in Emilia Romagna con la rete dei laboratori, quella delle malattie infettive e delle terapie intensive. Credo, infine, sia necessario fare passi avanti verso un’appropriatezza della prescrizione diagnostica. In Italia l’eccesso di prestazioni costa allo Stato 13 miliardi di euro l’anno, soldi che potrebbero essere invece ridistribuiti nel sistema sanitario nazionale. Non serve ridurre le prestazioni, ma garantire alle persone di avere accesso ad un loro diritto e avere le risorse da investire sulla diagnostica necessaria. In conclusione, per mettere in pratica questi ragionamenti credo sia fondamentale una logica circolare e di comunità ed è proprio attraverso il dialogo e la collaborazione attiva con il territorio che la pubblica amministrazione può costruire strategie efficaci ed efficienti per la nostra sanità e il nostro welfare. 

Ottavia Soncini – Presidente della Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna 

Le persone al centro della ripartenza. Il sistema sanitario pubblico incentrato sulle comunità e sulla prevenzione delle fragilità

Sanità, welfare e lavoro al centro dell’intervento della consigliera regionale Ottavia Soncini, presidente della commissione politiche della salute e sociali, durante la seconda seduta telematica dell’assemblea legislativa. “A fronte dei sacrifici fatti, nelle prossime settimane non dobbiamo lasciare nessuno indietro. – ha detto Soncini – I nostri concittadini, le nostre imprese, le nostre famiglie non devono sentirsi abbandonate e devono poter trovare risposte ai loro bisogni. Dobbiamo continuare a fare squadra e offrire un quadro chiaro di quando, chi e come ripartirà. Per questo la ripartenza deve avvenire in maniera coordinata e condivisa, mettendo al centro il tema sanitario ma anche quello della ripresa delle filiere industriali che sono la linfa dei nostri territori. Proprio in commissione ho sottolineato che sarebbe opportuno istituire un’agenzia centrale tecnica per il contrasto al Covid 19 presso l’Iss per un coordinamento veloce dei dipartimenti di prevenzione sul territorio insieme alla medicina di base. Quindi un sistema sanitario pubblico incentrato sui bisogni delle nostre comunità e sulla prevenzione delle fragilità, coinvolgendo la medicina d’iniziativa, il terzo settore e monitorando a tappeto le condizioni di salute dei territori, mettendo al primo posto anche la prevenzione, quindi corretti stili di vita, alimentazione sana e movimento”.

Fondamentale sarà anche il protocollo condiviso con le parti sociali per garantire la tutela e la sicurezza negli ambienti di lavoro, tema che verrà trattato anche nella prossima commissione IV. “La priorità è far rispettare, a tutti i livelli, le misure per il distanziamento fisico e promuovere l’utilizzo diffuso dei dispositivi di protezione individuale, fino a quando non saranno disponibili una specifica terapia e un vaccino, a partire dall’uso delle mascherine chirurgiche per tutti sia all’interno che all’esterno dei locali”. Soncini ha sottolineato anche la necessità di un uso corretto dei test sia di quelli molecolari sia di quelli sierologici, ed è necessario predisporre un piano nazionale in grado di fotografare efficacemente lo stato epidemiologico del Paese. “Dobbiamo inoltre intervenire con più incisività sulle persone che abitano con conviventi in quarantena perché positivi al Coronavirus e nelle strutture protette e nelle strutture residenziali sociosanitarie per anziani e disabili, che vivono una situazione di emergenza nell’emergenza. È necessario inoltre -prosegue- ripartire progressivamente per garantire le cure a tutti gli emiliano-romagnoli. Da oggi, a seguito della ordinanza emanata ieri dalla Regione, in tutta l’Emilia-Romagna, è ripartita l’erogazione di alcune prestazioni programmabili e non urgenti da parte delle strutture del sistema sanitario pubblico e privato. Di pari passo alla ripartenza vi è l’accompagnamento, in particolare delle famiglie con persone con disabilità, alle quali va garantito il diritto universale di presa in carico. Le cose fatte vanno implementate ed un ruolo fondamentale a supporto di queste famiglie e delle diverse attività lo può avere il terzo settore e il volontariato”.

 Ultimo ma non meno importante il tema della famiglia e del ruolo della donna. “Le donne devono poter tornare al lavoro al pari degli uomini perché non ci si può permettere il crollo produttivo del mondo femminile. – ha concluso Soncini – Abbiamo bisogno di riorganizzare e ripensare sia i servizi scolastici sia i servizi comunali. Le persone e i loro diritti devono essere al centro: a partire da disabili, adolescenti e soprattutto bambini piccoli nell’epoca del distanziamento. Sia chiaro, sono per la tutela della salute e la gradualità, ma anche per la progettualità. Qui deve arrivare il nostro sforzo per rassicurare e accompagnare le famiglie che affidano alla comunità il bene più prezioso: i figli. Per questo serve il pieno sostegno alla conciliazione lavoro-famiglia, ed è urgente che la politica elabori una proposta fattibile e flessibile sull’infanzia. Questa emergenza deve essere l’occasione per passare da un welfare familistico, che spesso scarica sulle generazioni dei nonni e dei genitori compiti di cura e accudimento ad un welfare famigliare per sostenere le famiglie e le loro difficoltà”.