Sanità: in arrivo quasi 400 stabilizzazioni, soprattutto medici

Continuano gli investimenti della Regione per potenziare il sistema sanitario dell’Emilia-Romagna. Si tratta, in questo caso, di stabilizzazioni di personale della dirigenza, soprattutto medica. Una nuova tappa del processo di uscita dal precariato nell’ambito della sanità pubblica emiliano-romagnola.
Nel 2018 sono previste 393nuove stabilizzazioni di dirigenti sanitari, di cui 329 medici, operanti all’interno delle Aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale.
Sul totale, 233 (di cui 169 dirigenti medici) verranno stabilizzati in base al decreto Madia: è quanto prevede il protocollo siglato dalla Regione con i sindacati della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria e presentato oggi a Bologna, nella sede dell’Ente in viale Aldo Moro.

Da sottolineare il fatto che nella dirigenza sanitaria la copertura del turn over nel 2017 è stata del 115% (il 121% per i dirigenti medici) e che, più in generale, negli ultimi due anni (2016-2017) nel sistema sanitario dell’Emilia-Romagna sono state assunte complessivamente a tempo indeterminato quasi 5mila persone. Per l’esattezza, 4.969: 1.186 dirigenti e 3.783 non dirigenti, quindi infermieri, operatori sanitari, tecnici, amministrativi. Di queste, 1.470 sono stabilizzazioni: 646 dirigenti e 824 non dirigenti.

Assunzioni e stabilizzazioni di dirigenti in sanità

Nel biennio 2016-2017, in Emilia-Romagna sono stati assunti complessivamente a tempo indeterminato 1.186 dirigenti sanitari, di cui 1.060 medici.
Per 646 persone (579 medici) si è trattato di stabilizzazioni. Per il 2018 sono in arrivo altre 393 stabilizzazioni di dirigenti sanitari (329 medici), di cui 233 avvengono sulla base del decreto Madia e sono oggetto del protocollo appena siglato.
Alla fine di quest’anno, dunque, le stabilizzazioni dei dirigenti sanitari del triennio 2016-2017-2018 avranno superato quota mille (1.039, per l’esattezza, di cui 908 medici). Significativa la copertura del turn over della dirigenza sanitaria: per il 2017 è stata del 115% (di cui 121% per i dirigenti medici).
Complessivamente, dal 2015 al 2017, i dirigenti sanitari dell’Emilia-Romagna sono aumentati, passando da 10.875 (di cui 9.035 medici) a 11.180 (9.293 medici).
Per quanto riguarda le stabilizzazioni del comparto, sono state 1.675 nel triennio 2016-2018: 335 nel 2016, 489 nel 2017 e 851 previste nel 2018.

I numeri delle assunzioni complessive in sanità (dirigenti e non)

Negli ultimi due anni (2016-2017), nel sistema sanitario dell’Emilia-Romagna sono state assunte complessivamente a tempo indeterminato 4.969 persone1.186 dirigenti e 3.783 non dirigenti. Di queste, 1.470 sono stabilizzazioni: 646 dirigenti e 824 non dirigenti.
Per il 2018 sono in arrivo, oltre alle 393 stabilizzazioni dei dirigenti sanitari, 851 non dirigenti (478 nel settore sanitario, di cui 302 infermieri, 339 tecnici e 34 amministrativi), a seguito dell’accordo firmato a fine dicembre 2017, per un totale complessivo di 1.244.
Alla fine dell’anno, dunque, le stabilizzazioni nel triennio 2016-2018 saranno 1.675 non dirigenti, e 1.039 tra i dirigenti, per un totale di 2.714 unità di personale.

Prevenzione a 360 gradi in Emilia-Romagna: 68 programmi per “Costruire salute”

Prevenzione a 360 gradi: dagli infortuni professionali e domestici alle malattie croniche, dagli incidenti stradali agli screening oncologici, fino alle vaccinazioni. Ma anche programmi per favorire un corretto stile di vita, che passi, ad esempio, dall’attività fisica e dalla sana alimentazione.
Sono alcuni degli obiettivi del Piano di prevenzione della Regione Emilia-Romagna, valido per il triennio 2015-2018, che ora è stato prorogato di un anno: a prevederlo, l’intesa Stato-Regioni dello scorso dicembre, che ha esteso a tutto il 2019 la vigenza del Piano nazionale e di quelli regionali. Il via libera alla proroga, dopo l’approvazione ottenuta in Commissione assembleare, è arrivato dalla Giunta regionale.
Si tratta dello strumento di riferimento per tutti gli interventi e i programmi che le Aziende sanitarie mettono in campo per la tutela e la prevenzione della salute dei cittadini: 68 quelli previsti nel primo triennio, la maggior parte dei quali vengono rafforzati o rimodulati per il prossimo anno, sulla base dei risultati raggiunti. Confermata l’individuazione delle 6 aree di intervento in cui si concentrano le azioni: ambienti di lavoro, scuola, ambito sanitario e comunità (declinata in tre settori: programmi rivolti alla popolazione, interventi per fasce di età, interventi per condizioni specifiche).

I progetti, in sintesi

Molteplici i progetti realizzati, la maggior parte dei quali coinvolge direttamente il personale sanitario o i cittadinianziani e giovani in primis: tra gli altri, campagne di informazione e sensibilizzazione per favorire l’adesione consapevole alle vaccinazioni; piani per la sorveglianza delle malattie infettive o la riduzione del rischio di malattie professionali; programmi di screening, come quello oncologico, o iniziative per promuovere l’attività fisica negli anziani o nei malati cronici (come passeggiate organizzate per i diabetici), la corretta alimentazione, l’educazione all’affettività nei più giovani.
E, ancora, attività di informazione per l’uso corretto dei farmaci, in ambito umano e veterinario, o di sensibilizzazione per prevenire malattie sessualmente trasmissibili; progetti per contrastare l’abbandono scolastico e il bullismo, o per sensibilizzare i ragazzi all’uso consapevole delle tecnologie e all’educazione stradale. Ma anche azioni di supporto alle persone fragili, ai disabili e ai familiari che se ne prendono cura, o programmi per individuare chi è più a rischio di patologie croniche.

Tra i tanti strumenti disponibili per i cittadini, c’è ad esempio il sito www.mappadellasalute.it: una vera e propria mappa della regione dove è possibile, cliccando sulla provincia di interesse, individuare tutte le opportunità per svolgere attività fisica – comprese quelle per i disabili -, trovare gruppi di persone con cui camminare insieme, o ancora, per gli sportivi, mettersi in contatto con il centro regionale antidoping per avere informazioni direttamente dagli esperti. Ad oggi vi sono censite oltre 150 occasioni di attività motoria gratuite, organizzate da volontari con il supporto delle Aziende sanitarie e degli Enti locali, ed altrettante iniziative rivolte a persone diversamente abili.

Sono confermati, poi, i progetti destinati al mondo della scuola; per il biennio 2018-2019, visti gli ottimi risultati ottenuti in termini di partecipazione, si è previsto di aumentare il numero degli istituti scolastici coinvolti. Particolare interesse ha riscosso il progetto “Fra rischio e piacere”, attivo in 21 istituti della regione, mirato alla prevenzione di comportamenti a rischio come il gioco d’azzardo. Tra le altre iniziative messe in campo, “Scegli con gusto e gusta in salute”, dedicato all’educazione alimentare, e “Verso un lavoro sicuro in costruzioni e agricoltura”: rivolti agli istituti alberghieri, tecnici della costruzione e tecnici agrari, i programmi stanno coinvolgendo quasi tutte le realtà scolastiche di questo tipo presenti in Emilia-Romagna.

Salute mentale, dagli Ospedali psichiatrici giudiziari ai percorsi riabilitativi: protocollo in Regione

Dal ricovero detentivo nell’Ospedale psichiatrico giudiziario alla permanenza in strutture più piccole, ad alta sicurezza, progettate per garantire alle persone affette da malattie mentali e autrici di reato l’attivazione di percorsi terapeutico-riabilitativi adeguati. Fino all’approdo, laddove possibile, in strutture residenziali ordinarie dei Dipartimenti di salute mentale. Un percorso, questo, avviato dalla legge 81 del 2014, che ha sancito la chiusura definitiva degli Opg, e che Regione Emilia-RomagnaMagistratura e Ufficio interdistrettuale di esecuzione penale esterna(Uiepe) del ministero della Giustizia intendono definire a livello territoriale con un protocollo operativo siglato in viale Aldo Moro.

Assieme all’assessore Venturi, hanno firmato il presidente della Corte di Appello di Bologna, Giuseppe Colonna, il procuratore generale di Bologna, Ignazio De Francisci, la presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, Antonietta Fiorillo, e la dirigente Uiepe Emilia-Romagna, Maria Paola Schiaffelli.

Dagli Opg alle Rems, al reinserimento sociale

“Sopravvissuti” alla legge 180 del 1978 (la cosiddetta “legge Basaglia”), gli Opg sono stati definitivamente chiusi il 31 marzo 2015. Fino a quel momento in Italia avevano funzionato ancora sei strutture di quel tipo, e precisamente a Reggio Emilia, Aversa, Montelupo Fiorentino, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto e Castiglione delle Stiviere. In funzione della chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari, la legge 81 del 2014 ha predisposto le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) – strutture più piccole, specializzate nella cura delle persone affette da disturbi mentali e sottoposte a misura di sicurezza detentiva – insieme a un potenziamento dei servizi psichiatrici territoriali. Il trattamento in Rems, infatti, va inteso non “per sempre” ma, se le condizioni della persona lo consentono, come una fase nel programma di cura per favorire l’attuazione di un percorso terapeutico-riabilitativo di reinserimento sociale.

In Emilia-Romagna sono attive due Rems, una a Bologna e l’altra a Casale di Mezzani (Parma). Dotate di 24 posti (14 a Bologna e 10 a Casale di Mezzani), hanno accolto, dalla loro apertura (aprile 2015) ad oggi, 63 persone, e ne hanno dimesse 49, nella maggioranza dei casi verso strutture residenziali ordinarie dei Dipartimenti salute mentale regionali.

Queste realtà, partite dalle migliori esperienze che si sono sviluppate negli ultimi anni con le tante dimissioni dall’Opg, hanno affermato un modello di cura innovativo, fondato sulla centralità del territorio e delle sue risorse terapeutiche. Fondamentale la capacità di collaborazione tra le istituzioni coinvolte: il Servizio sanitario regionale, la Magistratura, l’Ufficio interdistrettuale esecuzione penale esterna del Dipartimento giustizia minorile di comunità del ministero della Giustizia. Un gruppo di lavoro composto da professionisti di tutti i soggetti coinvolti si è posto da subito l’obiettivo di facilitare la collaborazione reciproca, favorendo l’omogeneità territoriale dei percorsi delle persone con disturbi mentali autrici di reato, attraverso la definizione di linee comuni di intervento. Il fine è quello di garantire la cura a queste persone, assicurando contemporaneamente i necessari livelli di sicurezza a tutela della collettività.

Anziani e disabili, il welfare invisibile dei caregiver: la Regione li sostiene con una legge e aiuti concreti

E’ un welfare invisibile quello dei caregiver familiari. Un esercito silenzioso fatto di figli, mogli, mariti, genitori o semplicemente amici che in modo volontario, e con diversi gradi di impegno, si prendono cura e assistono anziani e disabili gravi o gravissimi non autosufficienti. Del ruolo e dei bisogni dei caregiver, a quattro anni dall’ approvazione della legge regionale, si è discusso oggi a Bologna, nel convegno conclusivo dell’ottava edizione del Caregiver Day promosso dalla Regionecooperativa Anziani e non solo e Unione Terre d’Argine. A chiudere i lavori la vicepresidente e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini.

Chi sono i caregiver

In Italia sono oltre 7 milioni, e tra questi, più di 2 a livello nazionale e 120 mila in Emilia-Romagna, svolgono questo compito per almeno 20 ore settimanali. E’ la fotografia scattata dall’Istat sul mondo dei caregiver in una ricerca pubblicata alla fine del 2017, sulla base di una rilevazione del 2015.
Per sostenere e tutelare questa forma di assistenza volontaria la Regione, prima in Italia, si è dotata di una legge specifica che ha consentito alle aziende sanitarie e ai servizi socio-sanitari in capo ai Comuni di realizzare, solo nel 2016, interventi a favore di 33.458 persone – tra anziani, disabili gravi e gravissimi, e caregiver –  finanziati con quasi 55 milioni di euro del Fondo regionale per la non autosufficienza.

I caregiver sono perlopiù donne, soprattutto in età compresa tra 45 e 55 anni, che spesso svolgono anche un lavoro fuori casa anche se, nel 60% dei casi, hanno abbandonato la propria attività per dedicarsi a tempo pieno alla cura nell’ambito familiare di chi non è più autonomo.

L’assistenza, nel contesto delle trasformazioni sociali ed economiche che hanno mutato la composizione e l’organizzazione familiare, ha assunto sempre più, rispetto al passato, un carattere intergenerazionale ed evidenzia un crescente impegno di giovani adolescenti (si stimano in Italia 170 mila caregiver tra 15 e 24 anni).

Il sostegno della Regione Emilia-Romagna ai caregiver (dati 2016)

Con le risorse del fondo regionale per la non autosufficienza, la Regione sostiene una serie di interventi diretti e indiretti a favore dei caregiver e dei loro famigliari non autosufficienti.  Gli interventi più significativi riguardanol’assegno di cura (sostegno economico a favore delle famiglie che assistono a casa un anziano o disabile grave) concesso, nel solo 2016, a 9.000 anziani2.100 disabili gravi e gravissimi, e contributi aggiuntivi per sostenere i costi delle assistenti familiari (badanti) a 4.200 famiglie.

La Regione inoltre, prevede la possibilità da parte delle famiglie di utilizzare alcuni servizi di assistenza per alcune ore del giorno o brevi periodi dei propri congiunti. Rientrano tra questi l’accoglienza temporanea di sollievo in strutture residenziali, fruita a livello regionale da circa 2.900 persone; i caffè Alzheimer e i Meeting center(centri di accoglienza diurna per anziani affetti da tale patologia) frequentati da 3.400 persone. A questi interventi si aggiungono una serie di iniziative specifiche per i caregiver. Si va da quelle formative e di qualificazione del lavoro di cura (1500 partecipanti) a quelle di consulenza e sostegno per l’adattamento dell’ambiente domestico (1.725 operatori, familiari, caregiver e volontari).

Più medici di famiglia in Emilia-Romagna: aumentano del 70% i posti nel nuovo corso triennale di formazione specifica

Più medici di famiglia in servizio nei prossimi anni in Emilia-Romagna. La Giunta regionale ha approvato il bando per l’ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale 2018-2021. A disposizione ci sono 100 posti: quasi il 70% in più rispetto al 2015.

Garantita dalla Regione la copertura totale delle borse di studio, oltre che delle spese per la realizzazione del corso: 95 borse saranno finanziate con risorse vincolate del Fondo sanitario nazionale, le altre 5 con fondi aggiuntivi regionali. Il bando sarà pubblicato nei prossimi giorni in Gazzetta Ufficiale e sarà disponibile anche sul portale ER Salute (http://salute.regione.emilia-romagna.it). Il corso permette di conseguire il diploma necessario per l’iscrizione nelle graduatorie regionali di medicina generale e di esercitare l’attività di medico chirurgo in medicina generale convenzionato con il Servizio sanitario dell’Emilia-Romagna. Gli interessati avranno 30 giorni di tempo per presentare la domanda, a partire dal giorno successivo alla data di pubblicazione del bando in Gazzetta.

Attualmente, in Emilia-Romagna, i medici di medicina generale sono 2.925, cosi ripartiti nelle Aziende Usl: 191 a Piacenza276 a Parma317 a Reggio Emilia488 Modena561 a Bologna92 a Imola245 a Ferrara755 in Romagna. Già nel prossimo triennio la Regione prevede di diplomare circa 250 medici, che andranno ad aggiungersi ai 1.542 professionisti presenti nella graduatoria regionale per l’assistenza primaria.

Insufficienza renale cronica, ogni anno dialisi o trapianto per 800 pazienti, l’Emilia-Romagna punta sulla prevenzione

Ogni anno, in Emilia-Romagna, arrivano alla fase terminale dell’insufficienza renalecronica, quindi alla dialisi o al trapianto, tra i 700 e gli 800 pazientiRidurre la velocità di progressione della malattia e l’entità delle complicazioni collegate, a partire da quelle cardiovascolari, è l’obiettivo principale del progetto Pirp (Prevenzione insufficienzarenale progressiva), che coinvolge tutte le strutture nefrologiche del Servizio sanitario regionale. Dal 2005 ad oggi sono già stati inseriti in questo percorso più di 26.000 pazienti, sottoposti complessivamente a oltre 78.000 visite: ciò ha permesso di controllare l’incidenza di nuovi ingressi in dialisi.

Ora la Regione ha deciso di rafforzare la rete dei professionisti e dei centri coinvolti nella gestione dell’insufficienza renalepromuovendo l’accesso sempre più precoce al percorso per un numero sempre maggiore di pazienti e garantendo, attraverso la “presa in carico”, una continuità assistenziale appropriata, efficace ed efficiente in regime ambulatoriale. In quest’ottica la delibera approvata prevede anche l’istituzione di un Comitato tecnico scientifico, composto da professionisti nefrologi, che dovrà formulare proposte per l’ulteriore sviluppo del percorso Pirp.

Il progetto

Gli obiettivi di “consolidamento” del Pirp saranno raggiunti mediante un intervento formativo e una rivalutazione e potenziamento della rete dei servizi. L’attività formativa è rivolta soprattutto ai medici di medicina generale per il riconoscimento corretto e tempestivo della popolazione a rischio, e per l’implementazione delle varie strategie (cambiamento dello stile di vita, correzione dei fattori di rischio) e delle terapie che si sono dimostrate efficaci nel ridurre lo sviluppo e l’evoluzione della malattia renale cronica. Continueranno ad essere organizzati seminari per evidenziare tutti gli aspetti della patologia e i fattori coinvolti nella progressione delle nefropatie.

Il potenziamento della rete ha previsto l’apertura di ambulatori espressamente dedicati alla cura e alla gestione dell’insufficienza renale progressiva da parte delle Unità operative di Nefrologia. Si tratta dei cosiddetti “Ambulatori Pirp”, hanno un accesso diretto tramite il Cup e svolgono diversi compiti: corretto inquadramento del paziente, valutazione del grado di insufficienza renale, programmazione di indagini di completamento o ricovero specialistico, stima del ritmo di progressione della nefropatia.

Elemento fondamentale del progetto è la “co-gestione” tra medico di medicina generale e lo specialista nefrologo, del paziente con malattia renale cronica. La co-gestione verrà ulteriormente facilitata attraverso l’utilizzo di un sito Internet dedicato e dall’istituzione di una casella e-mail che permetterà ai medici di medicina generale di avere un continuo punto di riferimento nell’équipe nefrologica. Il paziente, inoltre, sin d’ora viene seguito con una cartella clinica informatizzata (Registro Pirp) che viaggia via web e permette la raccolta in formato elettronico di dati clinici e di laboratorio. Ciò facilita l’individuazione dell’andamento della malattia nel singolo e permette di minimizzarne i fattori di progressione e di complicanze, in particolare quelle cardiovascolari.

Sanità e ricerca. Emilia-Romagna prima in Italia per numero di progetti finanziati: 35, con quasi 15 milioni di euro

L’Emilia-Romagna si colloca in vetta alla classifica del bando per la ricerca finalizzata 2016, indetto dal ministero della Salute, di cui ora sono stati resi noti i risultati. Più di 135 milioni di euro, oltre 54 dei quali destinati a progetti ideati da giovani ricercatori: questo l’ammontare complessivo delle risorse messe a disposizione, che finanziano in tutto il Paese 312 dei 1.561 progetti presentati e accettati.

Trentacinque, dunque, i progetti dell’Emilia-Romagna approvati, soprattutto nei campi della ricerca clinica in oncologia e neurologia, a cui vanno complessivamente quasi 15 milioni di euro: 14,3 dal Ministero e 600mila dalla Regione; risorse destinate a ricercatori del Servizio sanitario regionale, nello specifico delle Aziende Ospedaliero-Universitarie e degli Irccs, gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
In particolare, il co-finanziamento della Regione va a un programma di rete (uno dei 5 che, a livello nazionale, sono stati approvati), cioè a un progetto considerato altamente innovativo e con elevato impatto sul Servizio sanitario nazionale: nel caso dell’Emilia-Romagna riguarda l’efficacia di programmi per promuovere la presa in carico dei pazienti con patologie croniche e, oltre ai contributi regionali – 600mila euro- potrà contare su altrettante risorse ministeriali, per un totale di 1,2 milioni.

I progetti finanziati
Sui 35 progetti, 18 sono stati proposti – attraverso la Regione, che ha la responsabilità di validarne la rispondenza con quanto richiesto dal bando- dalle Aziende Ospedaliero-Universitarieuno è il programma di rete e 16 arrivano dai quattro Irccs dell’Emilia-Romagna (Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio EmiliaIor – Istituto ortopedico Rizzoli di BolognaIsbn – Istituto delle scienze neurologiche di Bologna e Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la Cura dei Tumori –  Irst di Meldola). Mentre ai quattro Irccs i finanziamenti (6,8 milioni di euro) vengono attribuiti direttamente, i restanti 6,9 milioni vanno alla Regione, in qualità di destinatario istituzionale, che li trasferirà, in base ad apposite convenzioni, a sua volta alle Aziende sanitarie.
19 progetti che hanno come destinatario istituzionale la Regione riguardano i ricercatori delle Aziende Ospedaliero-Universitarie di Bologna (11 progetti per un totale di 4,4 milioni a cui si aggiunge il programma di rete finanziato con 1,2 milioni), Modena (1 per un totale di 432mila euro), Ferrara (4 progetti per un totale di 1 milione e 287mila euro), Parma (2 progetti per un totale di 795mila euro). Dodici progetti rientrano nella categoria “Progetti ordinari di ricerca finalizzata”, cinque in “Giovani ricercatori”, uno in “Progetti estero” e uno in “Programmi di rete”.
16 progetti dei 4 Irccs, e i relativi finanziamenti (totale 6, 8 milioni), risultano così distribuiti: 5 sono dell’Istituto delle scienze neurologiche del Bellaria di Bologna (Ausl di Bologna), a cui vanno complessivamente 2 milioni e 184milaeuro; 5 dell’Arcispedale di Reggio Emilia (per un finanziamento di oltre 2 milioni di euro); 4 dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna (1 milione e 723mila euro), 2 dell’Istituto Scientifico Romagnolo di Meldola (834mila euro circa).

Tra i progetti di ricerca, 16 sono quelli innovativi, mirati all’avanzamento delle conoscenze, mentre 18 riguardano il trasferimento di innovazioni nella clinica e nei servizi sanitari.
I progetti mirati all’avanzamento delle conoscenze sono nei seguenti ambiti: oncologia (9 progetti), neuroscienze (2 progetti), biologia cellularegeneticascienza molecolare (4 progetti), identificazione di agenti epatotossici (1 progetto).
I progetti clinico-assistenziali e organizzativi sono mirati allo studio di nuove strategie di screening, diagnostiche e terapeutiche in oncologia (5 progetti), neuroscienze con particolare attenzione all’epilessiamalattia di Parkinson e narcolessia (3 progetti), valutazione di tecniche innovative di imaging o chirurgiche (3 progetti), valutazione di nuove tecniche e metodologie per il miglioramento dei servizi sanitari (3 progetti), valutazione di nuove strategie diagnostiche e terapeutiche in ambito cardiovascolare, endocrinologico, patologie muscoloscheletriche, malattie infettive (4 progetti).

Il nuovo bando della ricerca finalizzata 2018
Con il bando della ricerca finalizzata 2018 il ministero della Salute mette a disposizione dei ricercatori del Servizio sanitario nazionale 95 milioni di euro, 50 dei quali dedicati ai giovani under 40 e under 33. Tutte le proposte di progetto inquadrate nel nuovo bando devono avere durata triennale, un esplicito orientamento applicativo e devono fornire informazioni utili a indirizzare le scelte dell’assistenza sanitaria pubblica, dei pazienti e dei cittadini.
Anche quest’anno la Regione Emilia-Romagna cofinanzia assieme al ministero della Salute due programmi di rete, di cui uno sulla valutazione di interventi per migliorare gli esiti clinici e ridurre le resistenze antibiotiche e l’altro su nuovi approcci metodologici e valutativi al paziente terminale. L’Agenzia sanitaria e sociale regionale ha recentemente incontrato i ricercatori del Servizio sanitario dell’Emilia-Romagna per illustrare il bando 2018, in particolare le novità rispetto al precedente, e dare alcune indicazioni operative per la presentazione dei progetti.

Il mio intervento al convegno “Percorsi sanitari agevolati per le persone con disabilità”

Sabato mattina sono intervenuta al convegno “Percorsi sanitari agevolati per le persone con disabilità” organizzato grazie alla collaborazione tra AUSL IRCCS Reggio Emilia, Centrale Operativa 118 Emilia Ovest e Fondazione Durante e Dopo di Noi di Reggio Emilia onlus.

Qua potete trovare i pensieri che ho espresso al termine del convegno:

Buongiorno a tutti, vorrei innanzitutto ringraziare coloro che hanno lavorato a questi progetti, le persone fanno la differenza e ancora una volta la nostra azienda sanitaria locale si è data una priorità giusta e buona. Molte cose che avrei desiderato dire sono già state dette, ne sono felice! Aggiungo alcune cose che ho pensato ascoltando con interesse i vostri interventi: in primo luogo credo che il valore di questi progetti, i percorsi sanitari specifici, sia nel dare risposta ad un bisogno delicato. C’è una persona con disabilità a cui si aggiunge una sofferenza. Ed è una sofferenza che purtroppo spesso è una costante non variabile nella vita quotidiana delle persone con disabilità. Ad una fragilità si aggiunge una fragilità: credo sia dovuta questa attenzione. Il secondo aspetto sul quale è iniziato un lavoro che è da implementare, lo ritrovate guardando le slide sul “modulo delle informazioni terapeutiche del medico di medicina generale”, guardando il processo del percorso d’emergenza che si chiude con la diagnosi e cura: credo che la presa in carico delle persone fragili debba partire dagli operatori sanitari presenti sul territorio, dalla quotidianità; i percorsi sanitari agevolati (dall’accesso del pronto soccorso, all’emergenza 118, alle visite specialistiche) che avete pensato dovrebbero fare parte di situazioni di emergenza o comunque non frequenti. Credo che ci debba essere una presa in carico attiva e non passiva, il paziente con disabilità deve essere conosciuto prima di tutto dai medici di medicina generale e dagli operatori sanitari. Credo che l’accesso facilitato al pronto soccorso sia possibile se c’è un percorso che dura tutta la vita, se c’è una relazione che parte da prima in un dialogo costante, in un percorso clinico, in una conoscenza vera del paziente da parte dei medici. Questo rende più possibile e meglio realizzabile il progetto sulla visita specialistica, un progetto interessante perché è importante che i percorsi siano istituzionalizzati e nello stesso tempo flessibili. Non si può lasciare tutto alla buona volontà del medico di medicina generale che chiama lo specialista di turno e ricorda che c’è un paziente con disabilità e che potrebbe servire una strumentazione specifica, o che le linee guida ordinarie dei percorsi sanitari siano flessibili in modo che un esame, magari, venga fatto prima di altri, o che ci sia un “percorso adattato” e non ordinario per quella persona, o una competenza specifica dello specialista…. La formazione dei professionisti di cui avete parlato è fondamentale…Ecco, questo non può essere lasciato alla buona volontà, deve essere istituzionalizzato e ci deve essere un indirizzo. Tre aspetti, voglio essere veloce poiché la mattinata è stata lunga e ciascuno deve tornare dai propri figli:

  1. Abbiamo approvato il Piano Socio Sanitario a luglio, un piano atteso e importante e trovo in questi progetti la concretizzazione di molti aspetti del piano: il primo, l’integrazione tra tutto ciò che è sociale e tutto ciò che è sanitario. Se noi diamo delle risposte a delle fragilità, non solo aiutiamo delle persone ma questo diventa una leva per diminuire l’ospedalizzazione spinta. È una leva per far sì che l’autonomia di una persona possa durare il più a lungo possibile. Abbiamo poi notato nella stesura del piano, che le persone ci hanno chiesto una umanizazzione sempre maggiore dei servizi e quindi dobbiamo investire sulla domiciliarità e sulla prossimità.
  2. Secondo aspetto: la collaborazione. Serve la regia del pubblico ma oggi ci dobbiamo rendere conto che se vogliamo difendere e tutelare il nostro sistema sociosanitario, di fronte ad una società frammentata, in cui i bisogni cambiano, si polverizzano, noi abbiamo bisogno delle nostre comunità, del dinamismo delle associazioni di volontariato e di tutti coloro che sanno ascoltare, forse meglio di noi, i bisogni nuovi che ci sono sul territorio. Penso alle famiglie, al privato sociale, alle associazioni, al Terzo Settore che da sempre lavorano con noi. Quindi noi non possiamo pensare che ci sia solo “un mandato” che dà la Pubblica Amministrazione e voi dovete solo obbedire. No, io credo che sia giusto che ci sia una progettazione e una definizione insieme degli interventi per il bene delle nostre comunità.
  3. Ultima cosa: prima si parlava della riorganizzazione delle cure sanitarie. Le case della salute non sono su tutto il territorio però penso che vadano utilizzate perché hanno questa caratteristica di prendere in cura una persona dal punto di vista sanitario, ma anche di contenere dei percorsi di socializzazione che avvengono all’interno della casa della salute in una presa in carico complessiva. Ed è lì che si trovano servizi e professionisti e che parte la relazione, la conoscenza del paziente e della sua complessità per arrivare appunto ai vostri tre progetti. Mi ricollego con questo al ragionamento che provavo a fare all’inizio.

Davvero grazie a nome della Regione, il mio compito sarà quello di riportare quello che ho ascoltato stamattina, perché questi possano essere progetti pilota, un esempio anche per altre aziende sanitarie.

Grazie perché a noi interessa che l’accesso alla sanità sia facile (è un diritto costituzionale!), a noi interessa che si riconoscano le differenze per supportare le fragilità, a noi interessa che la prossimità e la relazione umana siano l’approccio normale ai servizi di cura. Ma soprattutto grazie perché a noi stanno a cuore le persone, sta a cuore che le persone stiano bene, soprattutto quelle più fragili, e quindi il vostro contributo è oggi fondamentale.

Medici specialisti, siglato il nuovo accordo integrativo tra Regione e sindacati

Valorizzare il ruolo e la partecipazione dei medici specialisti nelle strutture territoriali, a partire dalle Case della Salute, per migliorare ulteriormente la continuità dell’assistenza e la gestione dei tempi di attesa di visite ed esami. Con questo obiettivo la Regione Emilia-Romagna e le Organizzazioni sindacali di specialisti ambulatoriali interniveterinari e altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) hanno siglato il nuovo accordo integrativo regionale. L’accordo si inserisce nell’ambito della riorganizzazione dell’assistenza territoriale prevista dall’intesa della Conferenza Stato-Regioni del 2015, la quale va in una precisa direzione: dare nel territorio risposte assistenziali appropriate ed efficaci alternative all’ospedalizzazione, a partire da una sempre maggiore integrazione tra i professionisti e i servizi.

Con questo accordo nascono le figure del referente dell’Aggregazione funzionale territoriale (Aft), di coordinatore dell’Unità complessa di cure primarie (Uccp), del referente aziendale per quelle Ausl che non lo avevano previsto in precedenza, e viene rafforzato il ruolo del responsabile di Branca. Tutte figure che l’Azienda Usl individua in base alla propria programmazione sanitaria, con compiti di pianificare, con i direttori dei Dipartimenti di riferimento, l’attività specialistica ambulatorialedefinire i percorsi diagnostici terapeutici e di coordinare l’attività dei colleghi. Gli specialisti agiranno all’interno di nuovi raggruppamenti mono-professionali previsti dall’Accordo collettivo nazionale: le Aggregazioni funzionali territoriali che le Aziende Usl devono istituire entro quest’anno (dopo l’approvazione del regolamento aziendale che recepisce l’accordo integrativo). Tali Aggregazioni opereranno, appunto, con medici e pediatri di famiglia e con i medici ospedalieri all’interno delle Case delle Salute (o delle altre Unità complesse di cure primarie previste dalla riorganizzazione dell’assistenza territoriale). E il referente dell’Aggregazione concorrerà, per esempio, a coordinare l’assistenza ambulatoriale negli ambulatori del territorio, a domicilio, nelle strutture residenziali.

In Emilia-Romagna sono circa 1.100 gli specialisti ambulatoriali impegnati nelle strutture territoriali: negli ultimi anni hanno partecipato attivamente alla costruzione di percorsi integrati per la gestione di persone con diabete o con scompenso cardiaco o con altre malattie croniche e sono sempre più coinvolti nei percorsi assistenziali su problematiche specialistiche specifiche all’interno delle Case della Salute.

Sanità, nei reparti “a rischio elevato” solo medici e infermieri immuni a morbillo, parotite, rosolia, varicella

Nei reparti di oncologiaematologianeonatologiaostetriciapediatriamalattie infettive, nei Pronto soccorso e nei Centri trapianti dell’Emilia-Romagna potranno lavorare solo gli operatori sanitari (e dunque medici, infermieri, ostetriche) che risultano immuni nei confronti di morbilloparotiterosolia e varicella.

Nel caso in cui venga accertata l’assenza di immunità nell’operatore e il rifiuto o l’impossibilità a sottoporsi alla vaccinazione specifica, il medico del Lavoro (medico competente) rilascerà un giudizio di idoneità parziale temporanea, con limitazioni a non svolgere attività sanitaria nelle aree ad alto rischio e a non prestare assistenza diretta a pazienti affetti dalle quattro patologie perché potrebbero contagiare l’operatore stesso ed i propri pazienti.

Lo prevede il documento “Rischio biologico e criteri per l’idoneità alla mansione specifica dell’operatore sanitario”, redatto dai medici competenti delle Aziende sanitarie, da infettivologi e da esperti dell’Università e della Regione e approvato dalla Giunta regionale con un’apposita delibera dopo un confronto con le organizzazioni sindacali.

Il documento – che riprende e sviluppa le Linee di indirizzo per la sorveglianza sanitaria degli operatori delle Aziende sanitarie della regione (circolare luglio 2014) – è pienamente coerente con le normative in materia di tutela dei lavoratori e dei pazienti e indirizzerà i medici competenti nell’esprimere la valutazione di idoneità specifica degli operatori della sanità.

L’obiettivo è tutelare l’operatore sanitario e i pazienti assistiti: all’interno vengono sottolineate infatti quali siano le attività e le aree che possono rappresentare un effettivo rischio per la trasmissione di patologie per via ematica (epatite B, epatite C, HIV) e per via aerea (tubercolosi, morbillo, parotite, rosolia e varicella). Le indicazioni del documento sono destinate sia al personale in servizio che al personale di prossima assunzione. In quest’ottica la Regione stanzia circa 500mila euro proprio per la promozione della salute nelle Aziende sanitarie dell’Emilia-Romagna, con un focus particolare sulle vaccinazioni.

Attività e aree che possono rappresentare un effettivo rischio biologico per gli operatori sanitari e per i terzi

Per quanto riguarda il rischio relativo al virus dell’epatite B e C, e HIV è previsto che l’operatore in condizioni di infettività non possa svolgere le procedure invasive “ad alto rischio” (come chirurgia generale, chirurgia generale del cavo orale, chirurgia cardiotoracica, neurochirurgia, procedure ortopediche, chirurgia dei trapianti).

Per quanto riguarda morbilloparotite, rosolia e varicella – malattie trasmesse per via aerea e prevenibili con vaccino – il documento individua come aree “ad elevato rischio” per l’operatore e i terzi l’oncologia, l’ematologia, la neonatologia, l’ostetricia, la pediatria, le malattie infettive, i Pronto soccorso e i Centri trapianti. Nelle aree “ad elevato rischio” del Servizio sanitario regionale operano circa 4000 persone, di cui un migliaio sono medici, 2500 infermieri e 500 ostetriche.

In Emilia-Romagna, dal 2012 al 2016, su 464 casi di morbillo 61 hanno interessato operatori sanitari; 76 i focolai in tutto, di cui 20 hanno coinvolto operatori sanitari.

Rispetto al rischio della tubercolosi, i criteri addottati per l’espressione del giudizio di idoneità prevedono che il soggetto affetto da malattia in fase attiva non sia idoneo fino al termine del trattamento che consente l’accertamento dell’assenza di infettività.