Il mio intervento per “Il Rolino”

Pubblicato il 1 agosto 2020 su “Il Rolino”, periodico mensile di informazione a cura del Circolo Pd di Rolo

Oggi siamo tentati di dimenticare e metterci alle spalle questi ultimi difficili mesi dai quali siamo usciti grazie alla medicina, al distanziamento fisico e alla responsabilità individuale. Nella nostra provincia, nella nostra Regione, abbiamo affrontato la pandemia facendo leva su due grandi oggetti di valore. Il primo, il nostro sistema sanitario universalistico basato su strutture tendenzialmente pubbliche, ci ha consentito di avere uno sguardo di sistema sulla qualità delle prestazioni e sulle cose fatte. Accanto a ciò, la disponibilità e la forza di una grande infrastruttura pubblica che può organizzare il servizio di prevenzione, profilassi, analisi e risposta. Un sistema sanitario che in questi decenni ha investito negli ospedali e nella sanità del territorio. Mi auguro che dopo questa esperienza si sia definitivamente compreso cosa significhi, in termini di garanzie per la salute di una comunità, una sanità pubblica forte ed un sistema universalistico. Il secondo oggetto di valore è quello dei servizi sociali in senso ampio e l’aiuto delle comunità. Abbiamo vissuto un paradosso: le istituzioni hanno chiesto una prova di cittadinanza individuale e nello stesso tempo collettiva. Le persone hanno dovuto responsabilmente confinarsi in casa e contemporaneamente rendersi conto di quanto sia indispensabile la relazione tra le persone. Si è infatti scatenata una gara di solidarietà fatta da volontari della protezione civile, scout Agesci, volontariato sanitario e socio-assistenziale, empori solidali. Il terzo settore, dal volontariato, all’associazionismo di promozione culturale, alla cooperazione sociale costituiscono infrastrutture fondamentali per la coesione sociale della nostra regione e hanno dimostrato di esserci sempre. Questa pandemia ha legato noi tutti in una “comunità di destino”. Eppure, oggi stiamo vivendo un momento particolare nel nostro rapporto con la pandemia. Eravamo convinti che i sacrifici di questi mesi fossero stati sufficienti. Quello che invece appare evidente oggi, è che il virus non si sta fermando a livello mondiale e che dovremo abituarci al prolungamento delle misure di sicurezza sanitarie almeno fino a fine ottobre, all’incertezza per il lavoro, alla distanza da tante persone. È probabile che in alcuni momenti ci faremo prendere dallo scoramento e, in altri, dalla rabbia comprensibile per la perdita di sicurezze sanitarie, sociali, occupazionali. Avremo bisogno di pazienza, generosità e tenacia.  

Il Covid-19 ci ha fatto capire che possiamo migliorare la sanità di eccellenza dell’ Emilia-Romagna. Serve una svolta a favore della sanità del territorio: case della salute, assistenza domiciliare, medicina di gruppo, ospedali di comunità, infermieri di comunità. Credo fortemente che la sanità, oltre a fondarsi sul pilastro ospedaliero, dovrà sempre più fondarsi sul pilastro fatto di assistenza decentralizzata e diffusa sul territorio con le reti e i legami di comunità. La chiave di questo secondo tipo di intervento è la relazione di cura e accompagnamento, la qualità di vita, delle relazioni e la generatività. Un diffuso sistema di servizi di comunità dove ogni cittadino possa ambire a rimanere nel proprio ambiente abitativo, relazionale e culturale, anche quando non è più autosufficiente. Al di là di ogni retorica, insisteremo molto in Emilia-Romagna sull’integrazione territorio-ospedali e socio-sanitaria. Più investiamo sul sociale e più aiutiamo la sanità, più investiamo sulla domiciliarità, sulla presa in carico, sulla prossimità e su percorsi di autonomia più preveniamo le fragilità. 

I fondi europei del Recovery Fund e del MES saranno per noi fondamentali. La maggior parte delle risorse del Recovery fund, chiamato patto generazionale per le prossime generazioni UE, sono trasferimenti sotto forma di contributi diretti. Ora il nostro paese insieme a Regioni e territori deve scrivere un piano per indicare le priorità: dalla lotta al cambiamento climatico, al recupero di posti di lavoro con una attenzione particolare a giovani e donne, alla tassa digitale, alla solidarietà verso i paesi più colpiti dalla Pandemia. I 2 o 3 miliardi di euro che arriverebbero all’Emilia-Romagna attraverso il MES, necessari perché disponibili subito, senza condizionalità se non quella di utilizzarli per la sanità, potrebbero essere impiegati per assumere personale, strutturare gli specializzandi, creare nuovi ospedali e sistemare quelli esistenti, nuove Case della Salute, acquistare tecnologie e macchinari. È il momento di agire e di guardare avanti sfruttando al meglio queste risorse per la sanità ed il welfare della nostra regione. 

Questa crisi è simmetrica perché la pandemia ha colpito tutti i Paesi, ma ha avuto e avrà effetti asimmetrici perché ha indebolito ancora di più le fasce vulnerabili della popolazione: i giovani, le donne, le persone con disabilità, i bambini, le persone anziane. È molto presto per interpretare quello che sta avvenendo, abbiamo bisogno di un silenzio operoso: il silenzio di chi studia e di chi ascolta, il silenzio di chi cerca di conservare il lavoro, il silenzio di chi si adopera perché le scuole riaprano al meglio e perché i bimbi che nascono siano accolti come una ricchezza da tutta la comunità. 

Ottavia Soncini – Presidente della Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna