Eliminazione delle barriere architettoniche, ecco 6,5 milioni di euro per gli interventi nelle abitazioni private

Abitazioni che hanno porte troppo strette, pavimenti scivolosi, bagni poco funzionali, oppure edifici privi di ascensore o montascale. Sono le cosiddette barriere architettoniche, quelle che per le persone disabili e con difficoltà motorie fanno la differenza tra la possibilità di godere di una vita sociale autonoma o restarne ai margini. 

Una risposta concreta ai bisogni di questi cittadini arriva dalla Regione Emilia-Romagna, che per il 2019 mette in campo 6,5 milioni di contributi per finanziare interventi negli appartamenti e nelle parti comuni dei palazzi abitati da disabili.

È arrivato nell’ultima seduta di Giunta il via libera alla ripartizione della seconda quota dei 29 milioni di euro del Fondo nazionale per il superamento delle barriere architettoniche concessi all’Emilia-Romagna nel triennio 2018-2020. Un canale di finanziamento che lo Stato non alimentava da molti anni, e alla cui mancanza la Regione ha cercato di supplire, istituendo nel 2014 uno specifico Fondo regionale:oltre 7 milioni di euro le risorse stanziate, che hanno permesso di realizzare più di2.300 interventi.

Con la ripartizione dei contributi disponibili per quest’anno potrà essere soddisfatta, da Piacenza a Rimini, una parte delle 6.722 domande presenti nelle graduatorie comunali al 1^ marzo 2019, dando precedenza a situazioni di maggiore gravità(disabilità motoria certificata al 100%). 

Per migliorare l’accessibilità negli appartamenti e nelle parti comuni degli edifici sono finanziabili interventi di adattamento dei sevizi igienicisostituzione di apparecchi sanitariallargamento delle porterimozione di gradini.

L’ammontare di ciascun contributo è calcolato in percentuale sui costi dei lavori effettuati: fino a 2.582 euro di spesa, il contributo copre il costo totale dell’intervento; da 2.582 euro a 12.911 viene riconosciuto il 25% della spesada 12.912 a 51.645 il 5%, per un massimo di 7.101 euro.

La ripartizione delle risorse, per provincia

Le risorse del Fondo nazionale sono state ripartite tenendo conto del numero di richieste presenti nelle graduatorie comunali. A Bologna vanno 1,5 milioni di euro; Modena 1,2 milioni; Reggio Emilia 720 mila euro; Ravenna 642 mila; Parma 640 mila; Rimini 596 mila; Forlì-Cesena 559 mila; Ferrara 472 mila e Piacenza 278 mila euro.

Chi, come e quando è possibile fare domanda

Le domande di contributo possono essere presentate in qualsiasi momento dell’anno al Comune dove si trova l’immobile su cui si interviene con l’opera edilizia. Possono usufruire delle agevolazioni concesse dalla Regione le persone con gravi disabilità motorie (100%) certificate dalle specifiche commissioni in capo all’Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps), oppure persone che abbiano una disabilità motoria inferiore, che in questo caso può essere certificata dal proprio medico di base.

L’impegno della Regione per abbattere le barriere architettoniche

Da inizio legislatura (2015) ad oggi, superano i 27 milioni di euro le risorse stanziate dalla Regione Emilia-Romagna attraverso il Fondo nazionale e regionale e sono quasi 7 mila gli interventi realizzati per abbattere le barriere architettoniche nelle abitazioni private delle persone disabili.

“Dopo di noi”, al via 23 progetti per il futuro delle persone disabili sole. Dalla Regione 2,8 milioni di euro

Emancipazione dal nucleo familiare, supporto all’assistenza domiciliare, miglioramento delle capacità di gestione della vita quotidiana: guardano al “Dopo di noi”, quindi alla possibilità per le persone disabili sole di vedere un futuro più autonomo, i 23 progettiapprovati in questi giorni, dalla Giunta regionale e finanziati su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini, con 2 milioni e 800 mila euro.  

Gli interventi sono stati valutati dal Gruppo tecnico regionale e selezionati dalle singole Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie (gli organismi in capo ai Comuni per coordinare le politiche sociali, sanitarie e socio-sanitarie) tra le proposte presentate attraverso il bando 2018 da Comuni e Unioni, soggetti del Terzo settoreassociazioni di genitori singoli familiari. Le risorse per finanziare i progetti provengono dal Fondo nazionale del “Dopo di noi”, che ha messo a disposizione dell’Emilia-Romagna oltre 13 milioni di euro per il triennio 2016-2018.  

A livello territoriale, gli interventi ammessi al finanziamento sono così suddivisi: Area metropolitana di Bologna 6 progetti finanziati per 618 mila euro; Modena 3 progetti (449 mila euro); Reggio Emilia 3 progetti(337 mila euro); Parma 1 progetto(270 mila euro); Ravenna 2 progetti(253 mila euro); Forlì-Cesena 2 progetti(253 mila euro);Ferrara 2 progetti(224 mila euro); Rimini 2 progetti(224 mila euro); 2 progetti finanziati anche a Piacenza, per 168 mila euro.

I 23 progetti selezionati riguardano il sostegno alla residenzialità, il cuore innovativo della legge sul Dopo di noi, per consentire alle persone con disabilità di decidere autonomamente dove, come e con chi vivere la propria vita futura, in maniera gradualmente indipendente dai genitori, in una vera casa e non necessariamente in un istituto o una struttura speciale. Tra le soluzioni abitative proposte rientrano le cosiddette “Scuole di autonomia” o “Appartamenti palestra” nei quali le persone con disabilità, ancora assistite dai propri familiari anche se ormai anziani, imparano gradualmente, con l’aiuto di educatori, a rendersi il più possibile autonome nella gestione della vita quotidiana (cucinare, fare la spesa, pulire la casa, prendersi cura della propria persona), per poi trasferirsi definitivamente in case vere e proprie. O ancora, piccoli appartamenti (da 3 a 5 ospiti) che non prevedono la presenza di personale giorno e notte, oppure gruppi-appartamento, dove l’assistenza sanitaria, in presenza di persone con disabilità più gravi, si coniuga con un maggiore impegno per l’integrazione sociale. Costituiscono invece una novità i progetti di co-housing: strutture residenziali più innovative, “di tipo familiare”, che favoriscono lo sviluppo relazionale, attraverso l’istituzione di spazi comuni per la quotidianità e il tempo libero. I nuovi alloggi, secondo quanto previsto dalla legge, dovranno essere collocati in zone residenziali e non potranno essere abitati da più di cinque persone.

Il programma regionale del “Dopo di noi”

Dare ai disabili gravi la possibilità di decidere del proprio futuro, per poter scegliere dove e con chi vivere e cominciare un percorso che li porti alla massima autonomia possibile, in vista del momento in cui i genitori non ci saranno più. Un risultato da raggiungere con un progetto individuale elaborato per ciascuno di loro, calato nel contesto in cui vivono e pronto a evolversi nel tempo. Con questo obiettivo la Regione Emilia-Romagna ha approvato nel 2017 il primo programma regionale di attuazione della Legge nazionale per l’assistenza alle persone con disabilità prive del sostegno familiare, il cosiddetto ‘Dopo di noi’.  

Interventi già realizzati in Emilia-Romagna

In Emilia-Romagna sono complessivamente 91 le soluzioni residenziali utilizzate su tutto il territorio per progetti del “Dopo di noi” tra Gruppi appartamento, Abitazioni per piccoli gruppi e convivenza stabile e Appartamenti Palestra o Scuole di autonomia per soggiorni a termine. Le più diffuse sono queste ultime, che consistono in appartamenti dove le persone con disabilità, ancora assistite dai propri familiari anche se ormai anziani, imparano a rendersi il più possibile autonomi nella gestione della vita quotidiana preparandosi ad uscire dalla famiglia di origine. Le persone coinvolte in questi soggiorni a termine – dal primo anno di avvio del programma, nel 2016 – sono state 482.  

Altri interventi hanno riguardato 325 persone, ormai prive di sostegno familiare, ospitate in piccoli appartamenti (da 3 a 5 ospiti), che non prevedono la presenza di personale giorno e notte, oppure in gruppi-appartamento, che garantiscono una presenza maggiore di personale educativo ed assistenziale e dunque una situazione più adeguata a chi ha meno autonomia.

144 interventi hanno inoltre riguardato percorsi di accompagnamento per l’uscita programmata dal nucleo familiare di origine o da strutture residenziali ritenute meno adeguate, con la successiva accoglienza in piccoli appartamenti per l’autonomia o gruppi appartamento. Infine, sono stati 55 tirocini finalizzati all’inclusione e 58 i ricoveri temporanei in strutture residenziali, per fornire alle famiglie assistenza in particolari casi di emergenza.

Occupazione e disabilità: 15,7 milioni di euro per l’inserimento lavorativo delle persone diversamente abili

Sostenere il pieno inserimento lavorativo e la permanenza qualificata nel mercato del lavoro delle persone con disabilità: la Giunta regionale ha approvato la Programmazione 2019 delle risorse del Fondo Regionale Disabili, pari a 15,7 milioni di euro, che definisce obiettivi e linee di intervento.

La programmazione di quest’anno, nel quadro delle politiche regionali per l’inclusione, è stata definita anche a partire dai contenuti emersi a giugno dello scorso anno durante la terza Conferenza regionale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, condivisi con parti sociali, associazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, Agenzia regionale per il lavoro, assessorati regionali con competenze in materia di disabilità, imprese, istituzioni scolastiche e soggetti formativi.

Gli interventi finanziabili
Sanno finanziati gli interventi di orientamento, di formazione e per il lavoro realizzatidagli enti di formazione professionale e agenzie per il lavoro accreditati che, in rete con i servizi pubblici, costituiscono la rete attiva per il lavoro.
Questi interventi, individuati a partire dalla situazione occupazionale e dalle esigenze dei singoli, possono comprendere attività di orientamento, servizi di affiancamento nella ricerca di opportunità lavorative, tirocini, tutoraggio nel contesto d’impresa o nel contesto formativo, percorsi di formazione permanente (ad esempio alfabetizzazione informatica e linguistica, competenze di base, competenze tecnico-professionali), percorsi per acquisire una qualifica professionale, misure di sostegno all’autoimprenditorialità.

L’impegno della Regione serve anche a potenziare e qualificare i servizi pubblici per le persone e le imprese dei nove uffici territoriali dell’Agenzia regionale per il lavoro, nell’ambito del collocamento mirato.
Tra le azioni finanziabili, ci sono poi contributi alle imprese per l’adattamento delle postazioni di lavoro e contributi a sostegno della mobilità casa-lavoro.Tanti interventi, dunque, che puntano a costruire percorsi individualizzati e quindi in grado di rispondere alle diverse esigenze, caratteristiche, aspettative, e attitudini delle persone: studenti, giovani e adulti in cerca di occupazione, anche nella forma del lavoro autonomo, persone occupate

I destinatari
I destinatari delle misure previste dalla Programmazione 2019 sono persone disabili (legge n. 68/99), sia in cerca di lavoro iscritte al collocamento mirato che occupate e persone con disabilità acquisita in costanza di rapporto di lavoro; infine, giovani con disabilità fisica o psichica certificata ai sensi della legge n. 104/92, nel passaggio tra i percorsi educativi e formativi e il lavoro.

Sostenere il passaggio scuola-lavoro
Particolare attenzione viene riservata ai percorsi personalizzati persostenere i giovani con disabilità nel passaggio dalla scuola alla dimensione lavorativa. Assieme alla programmazione 2019, la Giunta regionale ha infatti approvato anche una programmazione pluriennale che, con il concorso di risorse del Fondo sociale europeo 2014-2020, permetta di rafforzare e dare continuità – raccordando i vari livelli di governo coinvolti – alle differenti attività rivolte ai giovani con disabilità e alle loro famiglie.

Anche in questo caso l’obiettivo è garantire percorsi individuali di transizione, costituiti da momenti di orientamento, laboratori formativi, esperienze in contesti di impresa, in grado di accompagnare il ragazzo dagli ultimi anni del percorso scolastico/formativo fino all’ingresso nel mondo del lavoro.

Infine, per rendere disponibili le opportunità già dall’anno formativo 2019/2020, la Giunta ha approvato anche l’invito a presentare operazioni orientative e formative a sostegno della transizione scuola-lavoro dei giovani.

“Dopo di noi”, in due anni in Emilia-Romagna assistite 860 persone con gravi disabilità e prive di sostegno familiare

1.064 interventi, di cui hanno beneficiato 860 persone con gravi disabilità (468 uomini e 392 donne, prevalentemente tra 36 e 45 anni di età), per ognuna delle quali le équipe multi-professionali dei servizi sociosanitari del territorio hanno predisposto progetti personalizzati, di autonomia inclusione sociale. Con un preciso obiettivo:  assicurare alle persone con disabilità gravi prive del sostegno familiare la necessaria assistenza per una vita dignitosa.

Questo il primo bilancio, in Emilia-Romagna, della legge 112/16, meglio nota come“Legge sul Dopo di Noi”, a due anni dall’approvazione del programma regionale di attuazione. I risultati del monitoraggio effettuato nel 2018 sono contenuti nel provvedimento approvato nei giorni scorsi dalla Giunta regionale, con cui viene anche stabilita la ripartizione tra tutte le Aziende sanitarie emiliano-romagnole, per il 2018, di 3,7 milioni di euro del Fondo nazionale per il “Dopo di noi”.

Le risorse vengono suddivise tra le Ausl del territorio in proporzione al numero dei residenti di età compresa tra 18 e 64 anni. All’Ausl Romagna, con oltre 677 mila cittadini residenti in questa fascia di età, sono assegnati 939 mila euro; all’Azienda sanitaria di Bologna 734 mila (529.580 residenti); Ausl Modena 590 mila (426.049 residenti); Ausl Reggio Emilia 452 mila (326.045 residenti); Ausl Parma 380 mila euro (274.173 residenti); Ausl Ferrara 285 mila (205.587 residenti); Ausl Piacenza 239 mila (172.348 residenti) e Ausl Imola che ha ricevuto risorse per 110 mila euro (79.744 mila residenti).

Gli interventi per il ‘Dopo di noi’ realizzati in Emilia-Romagna

Gli interventi più diffusi sono le cosiddette ‘Scuole di autonomia’: appartamenti nei quali le persone con disabilità, ancora assistite dai propri familiari anche se ormai anziani, imparano a rendersi il più possibile autonomi nella gestione della vita quotidiana (cucinare, fare la spesa, pulire la casa, prendersi cura della propria persona), preparandosi ad uscire dalla famiglia di origine. Le persone coinvolte in questi soggiorni a termine sono state 482.

Altri interventi hanno riguardato 325 persone, ormai prive di sostegno familiare, ospitate in piccoli appartamenti (da 3 a 5 ospiti), che non prevedono la presenza di personale giorno e notte, oppure in gruppi-appartamento, che garantiscono una presenza maggiore di personale educativo ed assistenziale e dunque una situazione più adeguata a chi ha meno autonomia.

144 interventi hanno poi riguardato percorsi di accompagnamento per l’uscita programmata dal nucleo familiare di origine o da strutture residenziali ritenute meno adeguate, con la successiva accoglienza in piccoli appartamenti per l’autonomia o gruppi appartamento.

Infine, sono stati 55 i tirocini finalizzati all’inclusione e 58 i ricoveri temporanei in strutture residenziali, per fornire alle famiglie assistenza in particolari casi di emergenza.

Per realizzare le soluzioni residenziali del ‘Dopo di noi’ su tutto il territorio regionale sono stati utilizzati 91 appartamenti (molti di questi messi a disposizione delle famiglie, altri dai Comuni), 26 dei quali ristrutturati grazie alle risorse del Fondo nazionale.

Nel primo biennio di applicazione della legge, la Regione Emilia-Romagna ha già messo a disposizione oltre 10,2 milioni di euroUlteriori 2,8 milioni saranno assegnati a breve per finanziare progetti per la costruzione e la ristrutturazione di abitazioni destinate al Dopo di noi, già individuate dalle Conferenze territoriali sociali e sanitarie.

Come funziona la legge e dove rivolgersi

Per accedere agli interventi i cittadini possono rivolgersi allo Sportello sociale che è presente in ogni distretto, all’assistente sociale disabili del Comune o quartiere di residenza oppure all’Unità di valutazione multidimensionale (Uvm) disabili: l’équipe composta da operatori sociali e sanitari del Comune e Azienda sanitaria di residenza, che ha il compito di definire con la persona con disabilità il Progetto individuale di Vita e di Cura previsto dalla legge. Tra i requisiti richiesti, la certificazione dello stato di gravità, non determinata dal naturale invecchiamento o da patologie connesse alla senilità, e l’essere privi del sostegno familiare perché senza entrambi i genitorioppure, se ancora in vita, non più in grado, per ragioni connesse all’età, di fornire una vita dignitosa ai propri cari. Deve poi essere garantita la priorità d’accesso alle persone gravemente disabili sole e prive di risorse economiche reddituali e patrimoniali, che non siano contributi percepiti in ragione della condizione di disabilità.

Non autosufficienza, crescono ancora le risorse: oltre 47 milioni di euro a Reggio Emilia

Più risorse per l’assistenza domiciliare, gli interventi temporanei di sollievo in strutture, i posti in centri diurnigli assegni di cura. L’Emilia-Romagna rafforza ancora il Fondo regionale per la non autosufficienza, portandolo per il 2018 a oltre 437 milioni di euro2 milioni in più rispetto al 2017. È arrivato ieri dalla Giunta il via libera all’assegnazione e al riparto delle risorse tra le Aziende sanitarie locali. Una cifra che supera i 477 milioni se sommata alle risorse del Fondo nazionale e del Fondo “Dopo di noi” e ai finanziamenti assegnati all’Emilia-Romagna per i progetti “Vita indipendente”.

Il riparto del Fondo regionale

Degli oltre 437 milioni del Fondo regionale, ai territori vengono assegnati più di 303 milioni sulla base della distribuzione della popolazione residente dai 75 anni in su; oltre 119 milioni vanno a finanziare interventi a favore di persone con disabilità e gravissime disabilità acquisite, mentre i restanti 14,9 milioni assicurano servizi in presenza di gestioni particolari pubbliche e private e strutture di piccole dimensioni in zone montane e disagiateDel pacchetto complessivo, 47,6 milioni sono destinati a Reggio Emilia.

Approfondimenti:

  • Il Fondo nazionale e Fondo regionale per la non autosufficienza: il Fondo nazionale è stato istituito nel 2006, con un’apposita legge, per fornire sostegno a persone con gravissima disabilità e ad anziani non autosufficienti, e favorirne il mantenimento nel proprio contesto di vita. Le risorse del Fondo, che ogni anno vengono ripartite tra le Regioni, servono per potenziare l’assistenza domiciliare o interventi complementari al percorso domiciliare. L’Emilia-Romagna nel 2007 ha avviato il proprio Fondo regionale per la non autosufficienza per finanziare i servizi socio-sanitari rivolti alle persone in condizioni di non autosufficienza e a coloro che se ne prendono cura. Per mole di risorse impiegate, rete di servizi messi in campo, professionalità coinvolte ed esperienze acquisite, costituisce un caso unico in Italia.
  • Come sono state utilizzate le risorse nel 2017: Nel 2017 sono stati assegnati ai territori finanziamenti del Fondo regionale per la non autosufficienza per 435,45 milioni. Praticamente tutti utilizzati: il 64,7% (281,4 milioni) per l’area anziani, il 34,0% (148 milioni) per l’area della disabilità e l’1,3% (5,5 milioni) per i programmi cosiddetti “trasversali”. Si parla, in questo caso, di interventi comuni sia per l’area anziani che per l’area disabili, come, ad esempio, l’emersione e qualificazione del lavoro di cura e il contrasto alla fragilità e all’isolamento. Qualche dato: nell’area anziani, le risorse del Fondo hanno permesso l’offerta/utilizzo di 16.234 posti in strutture residenziali, 3.330 posti nei centri diurni, oltre un milione 400mila ore di assistenza domiciliare, 9.168 beneficiari di assegni di cura. Per l’area disabili, 1.246 gli utenti di centri socio-riabilitativi residenziali, più di 1.000 quelli di strutture residenziali e circa 500 in strutture residenziali per gravissime disabilità acquisite; più di 454mila le ore di assistenza domiciliare e oltre 2.200 gli assegni di cura.

 

Welfare. Non autosufficienza e politiche sociali, quasi 55 milioni all’Emilia-Romagna

All’Emilia-Romagna arrivano quasi 55 milioni di euro dal Fondo nazionale per la non autosufficienza e da quello per le Politiche sociali. Sono risorse che serviranno anche a sostenere le famiglie in difficoltà e i ragazzi allontanati dai propri genitori con provvedimento giudiziario, che al compimento della maggiore età non possono più contare sul sostegno dei servizi sociali.

Il via libera ai fondi grazie all’accordo Stato-Regioni e al riparto concordato in Conferenza delle Regioni di oltre 723 milioni a livello nazionale per il 2018.

Nel dettaglio, il pacchetto complessivo delle risorse assegnate all’Emilia-Romagna sarà destinato al sostegno di persone con gravissima disabilità e anziani non autosufficienti (35 milioni di euro); allo sviluppo della rete integrata di interventi e servizi sociali (19,2 milioni di euro); alle famiglie disagiate (313 mila euro); ai giovanirimasti senza sostegni al compimento dei 18 anni (400 mila euro).

Il Fondo regionale, caso unico in Italia

Per integrare il Fondo nazionale per la non autosufficienza, la Regione Emilia-Romagna dal 2007 ha avviato il proprio Fondo regionale per la non autosufficienza(Frna) per finanziare i servizi sociosanitari rivolti alle persone in condizioni di non autosufficienza e a coloro che se ne prendono cura. Per mole di risorse impiegate, oltre 478 milioni di euro nel solo 2017, rete di servizi messi in campo, professionalità coinvolte ed esperienze acquisite, costituisce un caso unico in Italia.

Meno barriere architettoniche, più ascensori: dalla Regione 15 milioni per interventi in case e condomini

Meno barriere e più ascensori nelle case dell’Emilia-Romagna, ma anche porte più larghe e bagni più ampi. Per dare un aiuto concreto a chi rischia di vivere isolato, magari perché disabile o troppo anziano per fare le scale.

Supera i 15 milioni di euro il pacchetto di risorse destinate ai Comuni ed Unioni per finanziare, nel 2018, i lavori edilizi di abbattimento delle barriere architettoniche negli appartamenti e nelle parti comuni dei condomini.

La Giunta regionale ha approvato, nella seduta di lunedì, la ripartizione dei contributi su tutto il territorio, da Piacenza a Rimini13 milioni riguardano la prima parte dei 29 assegnati all’Emilia-Romagna per il triennio 2018-2020 dal Fondo nazionale, che è stato rifinanziato dopo 14 anni di stop; i restanti 2,2 milioni di euro sono quelli stanziati annualmente dalla Regione attraverso lo specifico Fondo regionale, istituito nel 2014 proprio per supplire alla mancanza di contributi statali. Un Fondo che sinora, in quattro anni dalla sua attivazione, ha permesso di finanziare, con oltre 8 milioni di euro, più di 2.300 interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche negli appartamenti privati.

Con le risorse statali, dunque, dopo molti anni i Comuni potranno far fronte, almeno in parte, alle oltre 9 mila richieste (dato aggiornato al 1^ marzo 2018) dei cittadini disabili ancora ferme nelle graduatorie comunali, dando precedenza alle situazioni di maggiore gravità. Grazie ai contributi della Regione, invece, potrà ripartire lo scorrimento della graduatoria regionale (710 domande, sempre al 1^ marzo 2018), fino alla copertura totale del fabbisogno. Tra le opere per l’abbattimento delle barriere architettoniche domestiche, quindi in abitazioni o nelle parti comuni degli edifici di residenza, sono finanziabili: l’installazione di montascalepedane elevatriciascensoriadattamento dei sevizi igieniciallargamento delle porte; predisposizione di videocitofoni e sistemi di automazione per porte e cancelli.

La ripartizione delle risorse del Fondo nazionale, per provincia

Le risorse del Fondo nazionale sono state ripartite tenendo conto del numero di richieste presenti nelle graduatorie comunali. A Bologna vanno 3,1 milioni di euro; Modena 2,1; Ravenna 1,4; Reggio Emilia 1,4; Parma 1,3; Rimini e Forlì rispettivamente 1,1 milione; Ferrara 937 mila euro e Piacenza 577 mila.

La ripartizione delle risorse del Fondo regionale, per provincia

La ripartizione, tra le province, delle risorse del Fondo regionale è stata effettuata sulla base del numero di richieste ammesse nella graduatoria regionale, ed è la seguente: Bologna 440 mila euro; Rimini 305 mila; Modena 303 mila; Ravenna 260 mila; Parma e Forlì 240 mila euro ciascuna; Reggio Emilia 218 mila; Ferrara 133 mila e Piacenza 54 mila.

“Dopo di noi”, all’Emilia-Romagna quasi 3 milioni 800mila euro per l’assistenza a disabili gravi soli

Quasi 3milioni e 800mila euro (3.730.300) all’Emilia-Romagna dal Fondo “Dopo di noi”: risorse che serviranno a dare concreta assistenza, per il 2018, alle persone con gravi disabilità che rimangono prive di sostegno familiare.

Arriva dalla Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, riunita a Roma in Conferenza unificata Stato-Regioni, il via libera alla ripartizione dei contributi sul territorio nazionale, che complessivamente ammontano a 51 milioni e 100mila euro. Una cifra che, rispetto allo stanziamento di 56, 1 milioni inizialmente previsto nel 2016, è calata quindi del 10%.

“Si tratta di risorse estremamente importanti, perché sono destinate a fornire cura e assistenza ai soggetti più deboli della popolazione – sottolinea il presidente della Regione Emilia-Romagna e della Conferenza della Regioni, Stefano Bonaccini-. Assicurare autonomia e indipendenza a un figlio o a un proprio caro disabile che rimane solo rappresenta spesso per i genitori e i parenti una preoccupazione angosciante; pertanto, per queste famiglie poter contare su specifici percorsi sociali e assistenziali costituisce un supporto irrinunciabile. A maggior ragione, quindi- aggiunge Bonaccini- chiediamo al Governo che recuperi i 5 milioni che mancano e renda le risorse strutturali, superando la programmazione annuale che è fonte di incertezza e preoccupazione proprio a partire dalle stesse famiglie”.

In Emilia-Romagna è attivo uno specifico Programma regionale che dà attuazione alla Legge nazionale per l’assistenza alle persone con disabilità gravi prive del sostegno familiare, il cosiddetto Dopo di noi. Attraverso questo Programma, sono stati finanziati progetti di inclusione sociale e sviluppo dell’autonomia per favorire, ad esempio, la permanenza dei disabili nelle proprie abitazioni, in appartamenti per piccoli gruppi o in soluzioni di co-housing come alternativa al ricovero nelle strutture.

La legge sul “Dopo di noi”

La norma, approvata il 14 giugno 2016, che “è volta a favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità”, per la prima volta individua e riconosce riconosciute nell’ordinamento giuridico specifiche tutele per le persone con disabilità quando vengono a mancare i parenti che li hanno seguiti fino a quel momento. L’obiettivo della legge è garantire la massima autonomia e indipendenza delle persone disabili, consentendo loro di continuare a vivere nelle proprie case o in strutture gestite da associazioni ed evitando, quando possibile, il ricorso all’assistenza in istituto. La legge, inoltre, stabilisce la creazione di un Fondo per l’assistenza e il sostegno ai disabili privi dell’aiuto della famiglia e agevolazioni per privatienti e associazioni che decidono di stanziare risorse a loro tutela: sgravi fiscali, esenzioni e incentivi per la stipula di polizze assicurative, trasferimenti di beni e diritti post-mortem

Inclusione lavorativa delle persone disabili, l’impegno della Regione

Una programmazione triennale delle risorse del Fondo sociale europeo destinate alle persone disabili per dare più continuità ai progetti e più certezze ai ragazzi e alle loro famiglie, nella fase di transizione scuola-lavoro.Una maggiore integrazione tra Servizi per il lavoro, sociali e sanitari anche per quanto riguarda l’istituto del collocamento mirato, con l’introduzione di “un responsabile di caso”, come unico riferimento per costruire l’autonomia della persona nel proprio progetto di vita.

Al termine della III Conferenza regionale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità, la Regione rilancia il proprio impegno a favore delle persone disabili, a partire dalle proposte emerse nel corso della due giorni bolognese dai tavoli di lavoro.

“Insieme è la parola che contraddistingue il modo di lavorare in questa regione – ha detto l’assessore al coordinamento Politiche europee, Scuola e Formazione professionale, Patrizio Bianchi, ringraziando tutti coloro che hanno contribuito ai lavori preparatori della conferenza e partecipato alla due giorni conclusa oggi -. I diritti delle persone, non solo quelli scritti ma anche quelli effettivi e gli strumenti per poterli agire sono il nostro punto di partenza. Il diritto, ad esempio, ad una quotidianità semplice e ad un progetto di vita autonomo, anche grazie al lavoro. Le persone con disabilità – ha aggiunto l’Assessore – rappresentano il 3% della popolazione regionale, ma è precisamente su quanto sappiamo garantire a questi cittadini che dobbiamo misurare il grado di civiltà di un paese e la qualità di una democrazia, continuando a costruire integrazione e inclusione, valori oggi non più così scontati, non solo a parole ma con impegni concreti, così come è stato fatto oggi nel dialogo e nella condivisione”.

Oltre 500 partecipanti, due giornate di lavoro, 3 sessioni specifiche di confronto su temi chiave per l’inclusione lavorativa, interventi di AnpalInpsIspettorato del lavoroInail, Ufficio scolastico regionale, Fand (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità), FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap), Agci SolidarietàFedersolidarietà ConfcooperativeLegacoopsocialiassociazioni datoriali, associazioni sindacali e Forum terzo settore.

Essenziale ai fini di una maggiore inclusione lavorativa il ruolo delle nuove tecnologie. Da qui l’impegno a costruire un “repertorio/catalogo” delle tecnologie reperibili sul mercato adattabili e personalizzabili, coinvolgendo anche le imprese nella costruzione del repertorio. Inoltre attraverso risorse del Fondo regionale disabili verrà potenziata la rete dei Caad (Centri adattamento ambiente domestico) già presenti sul territorio, allargandone la sfera di azione al tema del lavoro e degli ausili tecnologici.

Questo in sintesi il bilancio dell’iniziativa che ha premesso di elaborare in maniera partecipata con le associazioni dei disabili e con le parti sociali le proposte che dovranno confluire nel prossimo Piano di azione regionale per l’inclusione lavorativa delle persone con disabilità.  La prossima Conferenza si svolgerà nel giugno 2021.

 

Il mio intervento al convegno “Percorsi sanitari agevolati per le persone con disabilità”

Sabato mattina sono intervenuta al convegno “Percorsi sanitari agevolati per le persone con disabilità” organizzato grazie alla collaborazione tra AUSL IRCCS Reggio Emilia, Centrale Operativa 118 Emilia Ovest e Fondazione Durante e Dopo di Noi di Reggio Emilia onlus.

Qua potete trovare i pensieri che ho espresso al termine del convegno:

Buongiorno a tutti, vorrei innanzitutto ringraziare coloro che hanno lavorato a questi progetti, le persone fanno la differenza e ancora una volta la nostra azienda sanitaria locale si è data una priorità giusta e buona. Molte cose che avrei desiderato dire sono già state dette, ne sono felice! Aggiungo alcune cose che ho pensato ascoltando con interesse i vostri interventi: in primo luogo credo che il valore di questi progetti, i percorsi sanitari specifici, sia nel dare risposta ad un bisogno delicato. C’è una persona con disabilità a cui si aggiunge una sofferenza. Ed è una sofferenza che purtroppo spesso è una costante non variabile nella vita quotidiana delle persone con disabilità. Ad una fragilità si aggiunge una fragilità: credo sia dovuta questa attenzione. Il secondo aspetto sul quale è iniziato un lavoro che è da implementare, lo ritrovate guardando le slide sul “modulo delle informazioni terapeutiche del medico di medicina generale”, guardando il processo del percorso d’emergenza che si chiude con la diagnosi e cura: credo che la presa in carico delle persone fragili debba partire dagli operatori sanitari presenti sul territorio, dalla quotidianità; i percorsi sanitari agevolati (dall’accesso del pronto soccorso, all’emergenza 118, alle visite specialistiche) che avete pensato dovrebbero fare parte di situazioni di emergenza o comunque non frequenti. Credo che ci debba essere una presa in carico attiva e non passiva, il paziente con disabilità deve essere conosciuto prima di tutto dai medici di medicina generale e dagli operatori sanitari. Credo che l’accesso facilitato al pronto soccorso sia possibile se c’è un percorso che dura tutta la vita, se c’è una relazione che parte da prima in un dialogo costante, in un percorso clinico, in una conoscenza vera del paziente da parte dei medici. Questo rende più possibile e meglio realizzabile il progetto sulla visita specialistica, un progetto interessante perché è importante che i percorsi siano istituzionalizzati e nello stesso tempo flessibili. Non si può lasciare tutto alla buona volontà del medico di medicina generale che chiama lo specialista di turno e ricorda che c’è un paziente con disabilità e che potrebbe servire una strumentazione specifica, o che le linee guida ordinarie dei percorsi sanitari siano flessibili in modo che un esame, magari, venga fatto prima di altri, o che ci sia un “percorso adattato” e non ordinario per quella persona, o una competenza specifica dello specialista…. La formazione dei professionisti di cui avete parlato è fondamentale…Ecco, questo non può essere lasciato alla buona volontà, deve essere istituzionalizzato e ci deve essere un indirizzo. Tre aspetti, voglio essere veloce poiché la mattinata è stata lunga e ciascuno deve tornare dai propri figli:

  1. Abbiamo approvato il Piano Socio Sanitario a luglio, un piano atteso e importante e trovo in questi progetti la concretizzazione di molti aspetti del piano: il primo, l’integrazione tra tutto ciò che è sociale e tutto ciò che è sanitario. Se noi diamo delle risposte a delle fragilità, non solo aiutiamo delle persone ma questo diventa una leva per diminuire l’ospedalizzazione spinta. È una leva per far sì che l’autonomia di una persona possa durare il più a lungo possibile. Abbiamo poi notato nella stesura del piano, che le persone ci hanno chiesto una umanizazzione sempre maggiore dei servizi e quindi dobbiamo investire sulla domiciliarità e sulla prossimità.
  2. Secondo aspetto: la collaborazione. Serve la regia del pubblico ma oggi ci dobbiamo rendere conto che se vogliamo difendere e tutelare il nostro sistema sociosanitario, di fronte ad una società frammentata, in cui i bisogni cambiano, si polverizzano, noi abbiamo bisogno delle nostre comunità, del dinamismo delle associazioni di volontariato e di tutti coloro che sanno ascoltare, forse meglio di noi, i bisogni nuovi che ci sono sul territorio. Penso alle famiglie, al privato sociale, alle associazioni, al Terzo Settore che da sempre lavorano con noi. Quindi noi non possiamo pensare che ci sia solo “un mandato” che dà la Pubblica Amministrazione e voi dovete solo obbedire. No, io credo che sia giusto che ci sia una progettazione e una definizione insieme degli interventi per il bene delle nostre comunità.
  3. Ultima cosa: prima si parlava della riorganizzazione delle cure sanitarie. Le case della salute non sono su tutto il territorio però penso che vadano utilizzate perché hanno questa caratteristica di prendere in cura una persona dal punto di vista sanitario, ma anche di contenere dei percorsi di socializzazione che avvengono all’interno della casa della salute in una presa in carico complessiva. Ed è lì che si trovano servizi e professionisti e che parte la relazione, la conoscenza del paziente e della sua complessità per arrivare appunto ai vostri tre progetti. Mi ricollego con questo al ragionamento che provavo a fare all’inizio.

Davvero grazie a nome della Regione, il mio compito sarà quello di riportare quello che ho ascoltato stamattina, perché questi possano essere progetti pilota, un esempio anche per altre aziende sanitarie.

Grazie perché a noi interessa che l’accesso alla sanità sia facile (è un diritto costituzionale!), a noi interessa che si riconoscano le differenze per supportare le fragilità, a noi interessa che la prossimità e la relazione umana siano l’approccio normale ai servizi di cura. Ma soprattutto grazie perché a noi stanno a cuore le persone, sta a cuore che le persone stiano bene, soprattutto quelle più fragili, e quindi il vostro contributo è oggi fondamentale.