Il mio 25 aprile

25 aprile ad Albinea e Quattro Castella.
Questo il testo del mio discorso:
“Carissimi, partigiani, staffette e cittadini, Signor Sindaco, Presidente ANPI.

“La vita da partigiano è dura, molto dura. Per me ragazzo di 17 anni è stata una mazzata sulla testa”. Così scrive un giovane combattente nel dicembre 1944. “Il mio immenso desiderio di un mondo migliore e in pace non mi permette però di restare inattivo”.
Il triennio 1943-45 è terribile per l’Italia. La guerra, lo sbarco degli Alleati, l’occupazione tedesca, la nascita della Repubblica di Salò e le deportazioni in Germania dilaniano le famiglie, allontanando e separando i mariti dalle mogli, i genitori dai figli, i fratelli dalle sorelle, i fidanzati dalle fidanzate.

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Qui a Quattro Castella, come in tutta la nostra Provincia, l’inverno del 1943 è il primo inverno da partigiani. Sono gli stessi organi provinciali di quello che sarà il CLN a intuire l’enorme importanza strategica di queste zone e a organizzare rapidamente, con la collaborazione dei gruppi antifascisti locali, una serie di punti fermi capaci di garantire i principali collegamenti di ordine politico e militare.
Non vorrei qui ricordare cose che voi conoscete bene, anche se ripercorrere significa ritrovarsi insieme su fatti storici che fanno memoria e condividere emozioni tra generazioni e nel contempo, regalarci la gioia di questo momento, celebrare insieme la vittoria sugli immani sacrifici.
Le vicende del triennio ’43-’45 a Quattro Castella. Le prime “case di latitanza”, i corridoi per il rifornimento della montagna, lo sciopero del primo marzo 1944, sciopero entrato nei libri di storia per le astensioni dal lavoro a Puinello, a Roncolo, a Rubbianino e quella senza precedenti a Montecavolo. La repressione nazi-fascista spietata, poi, nello stesso primo marzo e nei giorni successivi.
Eventi eroici che porteranno al 25 aprile 1945, esattamente 70 anni fa, alla liberazione dal giogo nazi-fascista: ricorda il dott. Rolando Maramotti, capo di stato maggiore del corpo d’armata Centro Emilia, descrivendo quel giorno su queste nostre colline: “La gente era tutta nelle strade, aspettava di vederci, ci applaudiva e ci gettava fiori campestri, in quella bellissima giornata di sole e di polvere. In tutto il comune feste, balli, canti improvvisati”.
Molti vanno a Reggio in bicicletta o con mezzi di fortuna, per godersi lo spettacolo della città libera, per fare festa. Una giornata che ha dato inizio alla stagione democratica e repubblicana. La Resistenza è il sacrificio, il fatto, che ha dato i natali alla Costituzione. Arrivano e si insediano a Montecavolo e Quattro Castella alcune colonne alleate. Il 25 aprile il CLN, di cui è eletto presidente Enzo Zamboni, procede alla nomina di una giunta comunale democratica, rappresentativa dei tre partiti antifascisti e Giovanni Bosi è sindaco di un paese ora veramente libero.
“Capire, sapere, pensare” sostituisce finalmente quel “Credere, obbedire, combattere” di mussoliniana memoria, inculcato a forza nelle menti dei giovani italiani per oltre vent’anni.
Sono i giovani “RIBELLI PER AMORE” di Quattro Castella, quei giovani di Reggio Emilia, quei giovani di tutt’Italia che voglio ricordare qui oggi. Perché, ricordiamocelo, il 75% dei partigiani era costituito da ragazzi e ragazze compresi in una fascia di età tra i 17 e i 24 anni.
“Mantenere la dignità”. Questo è il messaggio che emerge da tutte le lettere, i diari, gli appunti di quei partigiani. La grande dignità di tante persone che riprendono il dominio sulle proprie vite, anche a costo di rischiare e di perderle, e che in questo modo hanno restituito dignità alla parte migliore del nostro Paese.
Resistenza, dunque, come affermazione di dignità e noi oggi abbiamo il dovere di aiutare quelle persone, quei polpoli, che vengono violate nella loro dignità; Resistenza che è offrirsi per una società più giusta: un atteggiamento che allora scattò in modo quasi automatico in molti, un atteggiamento che diventa provocazione per il nostro tempo: la società democratica è viva e sana quando ogni individuo ha il diritto e il dovere di contribuire alla vita del Paese; quando ognuno prende contatto con la realtà che lo circonda sapendo esattamente, senza finzioni e senza illusioni, quale sia la sua posizione e quella degli altri.
In una democrazia non si possono accettare gli assenti, persone che non si interessano alla vita della comunità. Servono coscienze non solo lucide, ma vigili, serve una etica della responsabilità individuale che ci induca ad avere cura delle nostre comunità. Non si possono accettare gli assenti poiché se questi diventassero maggioranza cesserebbe la democrazia.

Si potrebbero dire tante altre cose, ma mi limito a un’altra piccola annotazione: il ruolo delle donne, giovani e meno giovani, nella Resistenza.
Un elemento interessante da recuperare e rilanciare mi sembra quello che definirei della “Resistenza diffusa”, una Resistenza che passava quasi casa per casa. Ebbene, le donne custodiscono queste case della Resistenza, questa quotidianità che, forse, non sempre risulta essere così esplicita anche all’interno di tutte le ricostruzioni che ci sono state offerte negli anni.
La Resistenza è stata un fenomeno complesso, che non può essere ridotto entro schemi rigidi; soprattutto essa non può essere interpretata come un movimento esclusivamente armato. Dopo decenni nei quali si è identificata la Resistenza con la figura eroica del partigiano con il fazzoletto rosso al collo e il fucile in mano, oggi siamo più consapevoli che a quella figura bisogna affiancarne delle altre, quindi anziché di Resistenza, dovremmo parlare di Resistenze: altri partigiani, anzitutto, con fazzoletti, non rossi bensì verdi o azzurri; e poi donne, tante donne, di ogni classe sociale; e cittadini comuni e senza idee politiche particolari; e poi ancora preti (quante belle figure ha regalato la nostra terra, quanti preti martiri!) , frati, suore.
La memoria della Resistenza al femminile è stata limitata dal silenzio di tante protagoniste di quegli anni duri. Un silenzio che per molte donne è stato una scelta consapevole, ma che per molte di più è stato provocato da un condizionamento esterno, da un’imposizione più o meno esplicita, dalla mancanza di chi volesse o sapesse ascoltare.
Le donne furono presenti in tutti gli ambiti della Resistenza organizzata: scontro armato, informazione, approvvigionamento e collegamento, stampa e propaganda, trasporto di armi e munizioni, organizzazione sanitaria, organizzazione di scioperi e manifestazioni per il pane e contro il carovita e il mercato nero.
“Tu sei Marta e Maria, tutte e due insieme” si sentiva dire Genoveffa Cocconi Cervi dal marito; una descrizione “evangelica” che, secondo me, offre un buon quadro della partecipazione femminile alla Resistenza.
La Resistenza, oggi, ci chiama a un generale recupero della nostra memoria storica e della nostra identità nazionale, ma anche a rinnovare personalmente e come comunità il senso di questa libertà. Non c’è che un modo per realizzare la Resistenza ed è quello di continuare a resistere.
La libertà è in cammino: va coltivata, ci si deve educare alla libertà in famiglia, a scuola, nelle proprie comunità di vita.
Dico ai giovani, libero è chi non è dominato dall’orgoglio, chi è umile, chi dice NO all’individualismo arrogante, chi non ha bisogno di sudditi per sentirsi importante, chi non teme di assumersi le proprie responsabilità.
E allora..Un pensiero a chi, allora, si è assunto delle responsabilità.
Alcuni di voi presenti oggi sono protagonisti viventi di quegli anni, molti sono famigliari di vittime della guerra di Liberazione, ricordiamo insieme tutti loro, i tanti sacrifici umani della nostra comunità. E mi sia consentito un ricordo di un familiare partigiano. Io non ho mai conosciuto Mario Simonazzi, Azor, e ho sempre sentito questa mancanza. Ma la sua profonda umanità e viva nei miei ideali. L’amico Giorgio Morelli, come Mario capace di amore fino al dono della vita, il 24 aprile entrando in città con una vecchia bicicletta e un fazzoletto tricolore al collo gridò: “Siamo liberi! Stanno arrivando!”

Viva l’Italia, viva il 25 Aprile, viva la Resistenza!