8 marzo: in Sala del Tricolore per premiare le “Reggiane per esempio”

La giornata internazionale della donna non è una celebrazione fine a se stessa. È importante riflettere sugli importanti risultati che la Regione ha ottenuto, ma anche sui traguardi ancora da raggiungere. In Italia si concilia male: è un paese in cui le donne lavorano poco e le madri ancora meno. È difficile coniugare la dimensione del lavoro e quella della famiglia e dei figli.

Le donne occupate in Emilia Romagna sono il 60%, 10 punti sopra la media nazionale, ma tante donne rinunciano a lavorare dopo il secondo figlio e il tasso di occupazione decresce all’aumentare del numero di figli. In una Regione ricca come la nostra nascono pochi figli: 1,4 figli per donna in età feconda. Eppure il tasso di fecondità desiderata è superiore, le donne hanno paura di mettere al mondo più figli per la preoccupazione di garantire loro un futuro felice. Le nostre famiglie sempre più piccole, le persone sole, gli anziani soli: è uno scenario che le istituzioni pubbliche devono impegnarsi ad invertire. Due sono le risposte possibili: le donne chiedono flessibilità dell’orario di lavoro per poter bilanciare la cura dei figli con il lavoro, questo è un aspetto determinante per l’universo femminile. Spero vadano avanti in parlamento progetti di legge bipartisan come quello sul “Lavoro agile”. Noi abbiamo fatto la nostra parte come Regione sulla flessibilità nei servizi con la riforma dei servizi educativi per la prima infanzia. Abbiamo introdotto flessibilità nel funzionamento dei nidi e dei servizi educativi integrativi, proponendo un modello organizzativo che vede al centro il nido classico, full time o part time, con orario tradizionale, ma intorno una rete di servizi più flessibili (sperimentali, domiciliari, integrativi, spazi genitori-bambini) con orari più elastici per stare al passo con un mondo del lavoro diverso dal passato per le giovani mamme e i giovani papà. La seconda risposta è quella di essere quantitativamente numerose come donne nei luoghi che contano per fare massa critica. Se abbiamo paesi europei con legislazioni più adeguate ai servizi per i bambini e per le donne è anche perché i parlamenti sono formati al 50/60% da donne e allora questi temi entrano nell’agenda politica. Non ne faccio, sia chiaro, una rivendicazione di genere, ma un problema concreto perché il dibattito sulle risposte alle donne, madri e lavoratrici deve essere concreto, responsabile è poco retorico. Abbiamo fatto passi avanti: in Italia le donne in Parlamento oggi sono il 30,1%, ma fino a due anni fa erano il 19.5%. L’Emilia Romagna è la prima regione in Italia per numero di elette al consiglio regionale (36% contro una media italiana del 18%), certo, occorre accedere ai luoghi di potere in modo meritato. Oggi abbiamo premiato donne che si sono distinte nel lavoro e nell’arte. Emoziona premiare queste donne quando sai che ancora in Italia le donne svolgono prevalentemente lavori nel settore della ristorazione, negli alberghi, nella sanità è nell’istruzione. Sulla media italiana solo 15 su 100 sono imprenditrici, 35 su 100 libere professionisti e 36 su 100 dirigenti. Vorrei ricordare oggi anche tutte quelle donne che vivono una disabilità e la portano avanti quotidianamente, talvolta con fatica, ma con dignità nel loro ruolo di cittadine lavoratrici. Sono capaci di diventare punti di riferimento nelle loro famiglie, nel lavoro e nella comunità in cui vivono. Grazie alla fragilità di queste donne che diventano testimoni di coraggio. Un ringraziamento alla presidente della commissione parità Roberta mori per la perseveranza, la competenza, la passione con la quale prima ha “accudito” la legge quadro per la parità di genere (la legge 6 del 2014) che oggi consente alla nostra Regione di procedere anche con stanziamenti importanti come quello sui centri antiviolenza, per circa 4 milioni di euro in due anni.